I vetri e i disegni di Dino Martens

Un volume edito da Allemandi e curato da Franco Deboni, uno dei massimi esperti del vetro italiano del Novecento, su un rivoluzionario dell’arte vetraria muranese

Vetri di Dino Martens
Carla Cerutti |

Assomigliava all’attore inglese David Niven, Dino Martens: nato a Venezia nel 1894 ma di origini olandesi, ne condivideva la fronte spaziosa, il volto ovale e i baffetti curatissimi, come ci viene restituito dal fotoritratto che apre il volume dedicato ai suoi vetri, e relativi disegni, edito da Allemandi e curato da Franco Deboni, uno dei massimi esperti del vetro italiano del Novecento.

Nonostante la promettente carriera di pittore, Martens non riuscì a sottrarsi al fascino del vetro e delle fornaci, che lo ha portato, nel corso degli anni Venti e Trenta, a collaborare con la SALIR, i Successori Andrea Rioda, Salviati e con la Cooperativa Mosaicisti Veneziani. Dopo la parentesi della guerra d’Africa e una breve esperienza come scenografo a Cinecittà, intorno al 1940 tornò a Murano per iniziare a lavorare come direttore artistico insieme al suo amico di sempre, Aureliano Toso.

Tra una Biennale e una Triennale, una mostra a New York e una a Vienna, inizia la stagione migliore di Martens che, tra il 1948 e il 1962, creò un prodotto vetrario totalmente nuovo, aprendo la strada a nuove espressioni e sviluppi futuri. Molto acutamente, nel 1959 in occasione di una mostra organizzata dal Corning Museum of Glass, il giornalista americano Russell Lynes scrisse di lui: «Utilizza le tradizioni veneziane di delizia e sapore con un cenno al passato ma con il cuore nel presente. Avrebbe potuto essere fatto solo oggi; si prende delle libertà con il design tradizionale che sarebbero state persino impossibili una generazione fa».

Questo e molto altro viene raccontato nella biografia che apre il volume, seguita da varie sezioni che, coadiuvate da fotografie per la maggior parte di Roberto Mennella, illustrano le creazioni più significative di Martens, a cominciare dalla «Bottiglia del Mago», oggetto alchemico presentato a Venezia nel 1948, primo esempio efficace di rottura con la tradizione muranese, per proseguire con le sue varie «filiazioni», come la celeberrima serie «Oriente», presentata alla Biennale del 1952 insieme alla serie «Eldorado», tra le più ricercate dai collezionisti e, purtroppo, anche tra le più imitate.

Tradizione ed estro si mescolano mirabilmente anche negli «Zanfirici», elaborati negli anni ’50 riprendendo l’antica tecnica a retortoli in tonalità delicate impreziosite da filamenti in avventurina, così come nel suo «Zoo» immaginario di pesci ed uccelli si coniugano fantasia e uso non convenzionale del materiale. Presentati nel 1954 sia a Venezia che a Milano, i «Molati» e i «Corrosi» confermano l’audacia creativa di Martens, con un risultato di scomposizione cromatica senza precedenti in Murano, così come la difficile applicazione tecnica rende rari i «Soffio» presentati alla Triennale del 1957.

Dopo una «Miscellania» di pezzi meno impegnativi ma altrettanto affascinanti, come i «Frammentati» o la serie «Pittorico» e «Arlecchino», chiudono il repertorio le ultime delicate creazioni «Trina» e «Opalini». Molto importanti, per comprendere l’approccio pittorico di Martens, sono i dettagliati disegni dei vetri che completano il volume, provenienti dall’archivio di Aureliano Toso insieme alle foto d’epoca a corredo finale.

Dino Martens. Glass and Drawings,
a cura di Franco Deboni, 224 pp., ill., lingua inglese, Allemandi, Torino 2022, € 80,00

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