A Palazzo Fava l’umanità di Fattori

Nell’allestimento bolognese 73 opere (solo una da collezione pubblica) contemplano tutti i soggetti della pittura del massimo esponente dei Macchiaioli

«Buttero a cavallo con mandria di bovi» (1900), di Giovanni Fattori (particolare)
Valeria Tassinari |  | Bologna

Ci sono tutti i soggetti della pittura di Giovanni Fattori (i ritratti, i campi di battaglia del Risorgimento, gli animali che affiancano l’uomo nel lavoro e nel destino, i frementi paesaggi maremmani) ma soprattutto c’è il sentimento, quell’intonazione sensibile che, insieme alla luce, permea il colore, trascrivendo in pennellate rapide il racconto onesto, empatico e sincero del reale.

La mostra «Fattori. L’umanità tradotta in pittura», allestita a Palazzo Fava dal 16 dicembre al primo maggio in collaborazione con l’Istituto Matteucci di Viareggio, si inserisce nel filone di rinnovata attenzione per i Macchiaioli che da qualche tempo si sta affermando sia sul mercato antiquariale sia in progetti espositivi pubblici e privati, come attestano le mostre dedicate al movimento toscano attualmente allestite al Palazzo Blu di Pisa (fino al 26 febbraio) e al Museo Revoltella di Trieste (fino al 10 aprile). Un’attenzione che arriva probabilmente anche sull’onda di un presente segnato da incertezze e inquietudini, per cui non sorprende il crescente consenso del pubblico per un’arte figurativa, rassicurante e consolatoria nel rapporto con la natura, ma comunque profondamente ancorata all’indagine sulla condizione umana nei difficili momenti della fatica, della guerra, della solitudine dei più umili.

A differenza delle altre iniziative, aperte a una ricognizione collettiva sul gruppo, la mostra bolognese si concentra sulla figura di Fattori che, oltre a essere stato il massimo esponente della «pittura di macchia» attraverso una lunga e coerente ricerca sul rinnovamento della tecnica espressiva in direzione antiaccademica, è stato l’interprete più sensibile di questi temi.

«La ricerca pittorica di Fattori è stata quanto di più progressista l’Italia abbia saputo proporre in quel particolare momento storico, sottolinea Elisabetta Matteucci, curatrice della mostra insieme a Claudia Fulgheri e Francesca Panconi. L’immediatezza espressiva della sua opera riesce a mettere in connessione la storia collettiva del suo tempo con le inclinazioni più intime del suo carattere, emerse da tempo grazie alla pubblicazione di un ricco epistolario che ci offre il profilo di una persona schietta, talvolta rude nei modi, ma sempre di profonda umanità e di grandissima onestà intellettuale».

Una lettura introspettiva, articolata in sezioni tematiche e cronologiche che mettono in relazione le parole dell’artista, ricavate dalle lettere che ne restituiscono il pensiero e le vicende private, con i nuclei emblematici della sua ricerca, dalla nascita della macchia al tema militare, fino all’immancabile elegia del paesaggio di Castiglioncello.

Delle 73 opere selezionate per rappresentare l’originalità della pittura di Fattori come anticipatore della modernità, solo una è di provenienza pubblica e si tratta di una preziosa riscoperta: «L’appello dopo la battaglia del 1866. L’accampamento», con la toccante conta di soldati e cavalli sopravvissuti, una grande tela che per lungo tempo è stata quasi «dimenticata» in un ufficio del Palazzo della Consulta di Roma.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Valeria Tassinari