L’archeologia pugliese si racconta

Gli oltre 600 reperti esposti coprono una linea temporale che dall’VIII secolo a.C. giunge fino all’epoca dell’imperatore Augusto

Un momento dell’installazione multimediale site specific «Chronos» al Castello Svevo di Bari
Graziella Melania Geraci |  | Bari

Il Castello Svevo ospita, dal 5 dicembre al 31 marzo, la mostra «Antichi Popoli di Puglia. L’archeologia racconta», a cura di Massimo Osanna e Luca Mercuri e prodotta interamente dal Ministero della Cultura, dalla Direzione Generale Musei, che ne è ideatrice, e dalla Direzione Regionale Musei Puglia. Oltre 600 i reperti esposti che coprono una linea temporale che dall’VIII secolo a.C. giunge fino all’epoca dell’imperatore Augusto.

Gli oggetti, provenienti dai musei della Direzione Regionale Musei Puglia, della Direzione Regionale Musei Basilicata, dal Museo Archeologico Nazionale di Taranto, di Egnazia, da musei civici e regionali e dai depositi delle Soprintendenze, sono la testimonianza della varietà culturale territoriale locale e di come si sia incontrata con il mondo romano.
Una veduta della mostra «Antichi Popoli di Puglia» al Castello Svevo di Bari
L’esposizione «riunisce in un solo percorso i contesti e le opere più significative dell’archeologia pugliese, commenta il direttore generale Musei Massimo Osanna. L’allestimento diventa altresì occasione per evidenziare, anche con la presenza di opere usualmente non esposte, la pluralità di culture avvicendatesi nel territorio, attraverso una narrazione che ne valorizza i caratteri peculiari». Il racconto archeologico viene affiancato dall’installazione multimediale site specific «Chronos» che raccorda due sezioni della mostra: nei video e nei suoni prendono vita i conflitti, la guerra, la morte e la rinascita di un tempo caratterizzato da conquiste e nuovi assetti che si fondono con i precedenti.

Nella sala Bona Sforza si avvicendano le rappresentazioni dei corpi dei giovani lottatori in allenamento, modelli del vasellame dei corredi funebri, e ambientazioni architettoniche accompagnate da un lamento funebre in griko, mentre le immagini dei resti archeologici di Egnazia si «impastano» su tre tappeti realizzati in cocciopesto.

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