Le origini della tutela nella «Lettera a Leone X»

Salvatore Settis e Giulia Ammannati rileggono la celebre missiva di Raffaello Sanzio e Baldassarre Castiglione indirizzata al papa, testo fondativo e «seminale» per la nascita del concetto moderno di tutela del patrimonio culturale

Un particolare del «Paesaggio con rovine romane (Tempus edax rerum)» (1536) di Herman Posthumus, Vienna, Kunstsammlung des Fürstenhauses Liechtenstein
Raffaella Giuliani |

Salvatore Settis ci avvicina, con un saggio introduttivo, alla comprensione della genesi della cosiddetta «Lettera a Leone X», di Raffaello Sanzio e Baldassarre Castiglione, che può ritenersi il testo fondativo, («seminale» come lo definisce Settis), dell’idea stessa di tutela dei monumenti.

La lettera è un appello appassionato al pontefice in carica, Leone X, affinché ponga fine alla rovina arrecata ai resti della Roma imperiale «dalla scielerata rabbia et crudel’impeto di malvaggi huomini». Tali resti appaiono agli autori della supplica scempiati, «ma non però tanto che non vi restasse quasi la machina del tutto, ma senza ornamenti, e, per dir così, l’ossa del corpo senza carne». Da questa constatazione prende le mosse la parte più innovativa dell’appello di Raffaello: il progetto per la sistematica documentazione della Roma antica superstite, secondo gli insegnamenti di Vitruvio e di Leon Battista Alberti e facendo compiere un balzo in avanti epocale alla rappresentazione delle rovine della città.

In tal senso la lettera può essere considerata il testo base per la nascita del concetto moderno di tutela del patrimonio culturale, il quale, come osserva Settis, «richiede non solo di essere puntualmente conservato, ma operativamente inventariato, misurato, studiato, compreso nel suo farsi e nel suo disfarsi». Nella sua analisi Settis demolisce quella che definisce la fake news di Raffaello primo soprintendente di Roma e analizza la gestazione della lettera attraverso una serie di interrogazioni. Lo studioso pone sul tavolo tutti i possibili elementi che hanno concorso all’elaborazione di un testo ancora enigmatico.

La lettera, rimasta incompiuta, sembrerebbe non aver mai raggiunto il suo destinatario. Quanto agli autori, è frutto della collaborazione fra Baldassarre Castiglione e Raffaello in quanto il primo, intellettuale di corte, avrebbe messo in elegante prosa volgare i sentimenti appassionati e i progetti visionari concepiti dall’amico artista su «quella nobil patria, che è stata regina del mondo». Per quanto riguarda la data e il luogo della composizione, questi si circoscrivono alla fine del 1519 e alla città di Roma, nell’ambito di una relazione di profonda amicizia che unì Raffaello al Castiglione.

Più complessa è la risposta ai quesiti: Perché? Come? Qui le piste ermeneutiche percorse da Settis si moltiplicano, alla luce delle dinamiche messe in atto dal contesto in cui scrivono gli autori: quello della grande fabbrica della ricostruzione del San Pietro in Vaticano e delle relative iniziative legislative volute dal pontefice per accelerare i lavori della nuova basilica, anche a costo di depredare i monumenti della Roma antica. Raffaello, a cui era affidata la direzione del cantiere, avvertiva la profonda contraddizione tra le esigenze del papa e il proprio convincimento circa la necessità di risparmiare le rovine di Roma.

In seguito Leone rafforzò i poteri dell’artista nel reperimento di pietre e marmi per San Pietro nelle rovine di Roma, definendo sempre più l’esclusiva papale in tale attività. Alla luce di ciò, secondo Settis, la lettera sarebbe stata concepita da Raffaello come una sorta di reazione «emozionale e ragionata» alle depredazioni dei ruderi a cui l’artista stesso era stato costretto, nella speranza di riuscire a trasformare un papa «ruinante» in un papa conservatore dei monumenti. Le speranze dell’artista erano destinate a cadere e, con la sua scomparsa, la lettera rimase incompiuta, come pure il progetto di «dimostrare in disegno» le rovine di Roma.

La seconda parte del volume contiene l’edizione critica del testo della lettera, a cura della paleografa Giulia Ammannati. La studiosa offre una sinossi, articolata su quattro colonne, delle due redazioni, quella del Castiglione e quella di Raffaello, che ci sono pervenute, unitamente a due bozze preparatorie del Castiglione. Seguono utili note al testo e la redazione del Castiglione recentemente emersa da un documento dell’Archivio di Stato di Mantova e quella del manoscritto della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera, che Ammannati definisce significativamente «il testo di Raffaello», ove è evidente l’impronta dell’artista sui contenuti della missiva.

Raffaello tra gli sterpi. Le rovine di Roma e le origini della tutela,
di Salvatore Settis e Giulia Ammannati, 296 pp., 35 ill. col., Skira, Milano 2022, € 28

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