L’arte inquieta del ’900 a Palazzo Magnani

In sale tematiche sono radunate opere di Klee, Giacometti, Dubuffet, Hartung, Ligabue, Lai, Boetti, Isgrò, Accardi, Kiefer e altri, a confronto per affinità di genere e linguaggi utilizzati

«Ich halte alle Indien in meiner Hand (Ho in mano tutta l’India)» (1995), di Anselm Kiefer. Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto. © Mart-Archivio Fotografico e Mediateca
Stefano Luppi |  | Reggio Emilia

La bruciante vitalità che sottostà alla creazione, l’inquieta e a volte oscura ricerca da cui dipende questa «urgenza» creativa che tutta insieme contribuisce a definire i linguaggi dell’arte necessari all’esplorazione degli infiniti volti ed espressioni dell’identità umana.

È una mostra su temi complessi, resa comunque attraverso opere di artisti noti e notissimi, quella organizzata dai curatori Giorgio Bedoni, Johann Feilacher e Claudio Spadoni a Palazzo Magnani dal 18 novembre al 12 marzo: «L’arte inquieta. L’urgenza della creazione. Paesaggi interiori, mappe, volti: 140 opere da Paul Klee ad Anselm Kiefer» con lavori, lungo tutto il ’900, di Max Ernst, Alberto Giacometti, Jean Dubuffet, Hans Hartung, Antonio Ligabue (cui si affiancano, per la prima volta, lavori di altri degenti dello storico ospedale psichiatrico San Lazzaro di Reggio Emilia), Pietro Ghizzardi, Cesare Zavattini, Maria Lai, Alighiero Boetti, Emilio Isgrò, Carla Accardi, Arnulf Rainer, Keith Haring, Mattia Moreni, Graham Sutherland.

Questi, e altri, autori sono ordinati in sale tematiche dove gli artisti si confrontano per affinità di generi e linguaggi utilizzati, caratteristiche che pongono al centro la bruciante vitalità del creatore, la sua inquieta ricerca sull’identità e l’esplorazione del mondo e del proprio interiore.

Temi, questi, sui quali nel corso del tempo si sono espressi intellettuali come John Dewey, che si dedicò soprattutto all’analisi della creazione artistica, e lo scrittore Rainer Maria Rilke, che disse: «Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe di un sentimento dentro di sé, nel buio, nell’indicibile, nell’inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l’ora del parto d’una nuova chiarezza; questo solo si chiama vivere da artista: nel comprendere come nel creare».

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