Le affinità tra Samorì e il Sassoferrato

A Palazzo degli Scalzi, l’artista romagnolo dialoga con dieci dipinti inediti del pittore seicentesco

Un particolare de «La bocca IX» (2022) di Nicola Samorì
Marta Paraventi |  | Sassoferrato

La 71ma edizione della Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G.B. Salvi, la più longeva in Italia dopo la Biennale di Venezia e il Premio Michetti di Francavilla al Mare, ospita la mostra «Salvifica. Il Sassoferrato e Nicola Samorì, tra rito e ferita», a cura di Federica Facchini e Massimo Pulini, allestita presso Palazzo degli Scalzi fino al 15 gennaio.

L’originalità della mostra consiste nel presentare opere di Nicola Samorì in dialogo con dieci dipinti inediti del pittore seicentesco Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato. Partendo dalla sua posizione estetica, i curatori hanno cercato, nello scenario contemporaneo, un ideale parallelo creativo. La scelta è caduta su Nicola Samorì, il cui lavoro testimonia non solo un incessante innesto tra la storia dell’arte passata e il tempo presente ma, come in quello del Salvi, un’attentenzione alla «riscrittura» di temi e modelli.

Tele giovanili classiciste come «Amorino con chitarra» e «Tre putti e un tritone», redazioni inedite e autografe dell’«Addolorata», «Annunziata» e «Salvator Mundi», la ritrovata «Madonna col Bambino e san Giovannino», la «Vergine orante» del manifesto, sono poste a fianco delle interpretazioni eseguite per l’occasione da Nicola Samorì.

È nella serie «La bocca», dove si esplicita quel concetto caro a entrambi di «ripetizione differente», che si concretizza il dialogo più stretto tra i due artisti: se per il sentinate la reiterazione di un’immagine devozionale corrisponde a un mantra spirituale e salvifico, appunto, per l’artista ravennate diventa un’occasione per mostrare la ferita che invade lentamente lo spazio per poi risolversi in catarsi e rinascita, cosi come nelle sculture esposte «Lucia» (2019), «Artaud» (2021) e «Madonna del sasso» (2022), opera che evoca suggestioni formali derivate da un bassorilievo del XV secolo, attribuito al Laurana.

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