Da Building l’arte è sacra

Un percorso tra le opere di maestri del passato e di artisti contemporanei svela ricerche affascinanti che pongono interrogativi e stimolano nuovi dibattiti

«Inaudito devoto» (2020) di Simone Pellegrini
Monica Trigona |  | Milano

Il saggio «Il sacro» di Rudolf Otto (Peine, Hannover, 1869 - Marburgo 1937), teologo protestante e filosofo delle religioni, apparse in Germania nel 1917. Nelle sue pagine lo studioso indaga l’essenza di ogni religione, la categoria del «sacro», che reca con sé una presenza concettualmente inesplicabile: il «numinoso». In essa il divino si manifesta come «mysterium tremendum» e «fascinans» suscitando attrazione e, allo stesso tempo, paura e terrore sugli uomini.

D’altra parte, come è noto, legge morale, redenzione, Dio misericordioso ed amorevole, sono concetti che nel corso della storia sono stati formalizzati in vario modo solo dalle religioni.

Il timore e la fascinazione per l’assoluto sono da sempre una nostra costante esistenziale che ha ispirato opere e grandi artisti del passato più o meno recente come dei nostri tempi.

Quest’ultimi, traslando le loro visioni sulla materia, e assumendo ipotetici ruoli di intermediari privilegiati, hanno affrontato la questione della trascendenza fornendo riferimenti, interpretazioni e immagini di vario tipo.

La mostra, curata da Giorgio Verzotti, che da giovedì 27 ottobre apre da BUILDING, «Il Numinoso. La tensione al sacro nell’arte italiana. Ipotesi contemporanee», ispirandosi allo scritto di Rudolf Otto, raduna alcuni dei nomi più interessanti della scena artistica contemporanea e del secolo scorso (sino al 28 gennaio).
«La colonna» (2021-22) di Nicola Samorì
Gli autori selezionati attraverso le loro ricerche hanno avviato delle riflessioni su tematiche interconnesse quali l’inesorabile scorrere del tempo, l’ineluttabilità della morte, l’innata angoscia nei confronti di ciò che può scardinare regole e vite cadenziate da abitudini e rituali, tutti aspetti legati ad un articolato, e sempre aperto, dibattito.

Maestri come Lucio Fontana, Maria Lai, Piero Manzoni, Michelangelo Pistoletto, Gino De Dominicis, Ettore Spalletti dialogano con Stefano Arienti, Gianni Caravaggio, Francesco Gennari, Marco Andrea Magni, Simone Pellegrini, Nicola Samorì e Grazia Toderi, solo per citare qualche nome.

Di Pellegrini è la grande carta «Inaudito devoto» del 2020. Il raffinato artista bolognese, che ha abituato il suo pubblico a mappe misteriose, ricche di riferimenti storici e mitologici, non poteva mancare. La sua narrativa visiva, infatti, di lettura affatto immediata, racchiude elementi fantastici e sensuali, alfabeti in continuo movimento di cui l’occhio umano è avido e curioso nella sua continua ricerca di risposte.

Del romagnolo Nicola Samorì è la scultura «La colonna» (2020-21). L’alta struttura in legno di noce, debitrice delle esperienze poveriste, pur nelle sue fattezze appena accennate, restituisce un senso di sacralità attraverso la torsione di quello che parrebbe un corpo martoriato.
«Concetto spaziale, Attese» (1960) di Lucio Fontana
Il concetto spaziale di Lucio Fontana, «Attese» del 1960, mettendo in discussione il tradizionale spazio pittorico sembra ammiccare all’illusorietà dell’apparenza, frutto di sovrastrutture umane, per ricercare risposte nello spazio circostante.

Oltre al percorso in galleria, dal 9 novembre al 22 dicembre, presso la Basilica di San Celso, è possibile ammirare alcune opere esposte nei suggestivi ambienti del complesso.

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