Modernità ottocentesche alla GAM

Insieme a Sanguineti, Camoni e Atelier dell’Errore, la splendida collezione del museo torinese

«Una lezione di ballo» (1865) di Filippo Carcano © Rampazzi 1988
Jenny Dogliani |  | Torino

Con la GAM istituita nel 1895 Torino è tra le prime città italiane a dotarsi, già nel XIX secolo, di un museo di arte contemporanea. È nato così il cospicuo nucleo della Collezione ottocentesca che ora, dopo 4 anni, torna visibile con la mostra curata dal direttore Riccardo Passoni e dal conservatore capo Virginia Bertone, intitolata «Ottocento. Collezione GAM dall’Unità di Italia all’alba del Novecento», articolata in otto sezioni tematiche fino al 6 febbraio.

Si spazia dalla tradizione figurativa alla pittura di paesaggio, dalla Scapigliatura al Divisionismo, al Simbolismo, con una settantina tra dipinti, pastelli, grandi disegni a carbone, sculture in marmo, gessi e cere. Tra i lavori in mostra spiccano alcune icone del museo, come «Dopo il duello» di Antonio Mancini, «L’edera» di Tranquillo Cremona e «Lo specchio della vita» di Pellizza da Volpedo.

Fra le opere che documentano l’indiscussa modernità della collezione, allora all’avanguardia e molto coraggiosa, vi è il dipinto di Francesco Mosso, promettente talento spentosi a soli 29 anni che ci ha dipinto una delle prime immagini conosciute di femminicidio. L’opera, «La femme de Claude» (avrebbe dovuto intitolarsi «L’adultera»), raffigura il dramma di una donna vittima della violenza del marito, dimostrando l’attenzione ai temi sociali che i simbolisti e divisionisti denunciavano con il loro linguaggio rivoluzionario.

Si prosegue poi tra le romantiche atmosfere del passato, dal ritratto di una maestra elementare, raffigurata da Demetrio Cosola ne «Il dettato», alla potente maternità firmata da Evangelina Alciati, prima donna diplomata alla Regia Accademia di Belle Arti di Torino. Il ruolo di ricerca del museo è un filo ininterrotto che prosegue ancora oggi, grazie a mostre come «Hic sunt dracones», curata da Elena Volpato, visitabile dal 3 novembre al 12 marzo. È un confronto tra le opere di Chiara Camoni, scultrice diplomata all’Accademia di Brera, e quelle del laboratorio per arti visive Atelier dell’Errore (AdE), entrambi legati alla declinazione del pensiero metamorfico e alla pratica dell’ibridazione.

«Sia Camoni sia AdE lavorano spesso in modo germinativo, ci consegnano opere in cui è ancora possibile leggere lo sviluppo di crescita in un aggiungersi progressivo di elementi da cui nasce l’insieme: dettaglio dopo dettaglio. Ma ci mostrano anche un graduale modificarsi delle forme, di opera in opera, in una metamorfosi diacronica del lavoro che mantiene in sé l’ambiguità e la magia della matrice ciclica in cui ogni progredire è anche un ritornare», spiega la curatrice.

Nella Wunderkammer, infine, dal 2 dicembre a fine febbraio un focus su «Edoardo Sanguineti», con una serie di ritratti fatti da amici artisti al poeta, definito da Romano Luperini l’ultimo intellettuale del Novecento (proseguono inoltre Jannis Kounellis in Videoteca fino al 13 novembre, e i progetti di Claudia Losi e Flavio Favelli fino al 6 novembre).

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