La prima retrospettiva europea di Margarita Azurdia

Il Museo Reina Sofía ospita una selezione di dipinti, sculture, arte non-oggettuale e danze sacre, nonché i libri d’artista dell’autrice guatemalteca

«Ceremonia de Amor y Paz en Kaminal Juyú», di Margarita Azurdia
Roberta Bosco |  | Madrid

Il Museo Reina Sofía apre la stagione con un’artista praticamente sconosciuta in Europa, sebbene molto rilevante in America Latina. Si tratta della guatemalteca Margarita Azurdia (Antigua, 1931-1998), attiva tra il 1960 e la metà degli anni Novanta, conosciuta durante la sua prolifica carriera con diversi pseudonimi: Margot Fanjul, Margarita Anastasia o Margarita Rica Rita Dinamita.

Quest’ultimo è il titolo della rassegna, curata da Rosina Cazali, che fino al 17 aprile presenta una selezione di dipinti, sculture, arte non-oggettuale e danze sacre, nonché i libri d’artista composti da disegni, collage e poemi, che ben riassumono il lavoro interdisciplinare di Azurdia. Per un’artista cambiare nome può sembrare imprudente, ma secondo la curatrice «in questo caso risponde alla necessità di cambiare identità e di reagire ai ruoli che la società conservatrice imponeva a una donna appartenente all’élite sociale».

Al suo ritorno in Guatemala, dopo un periodo di formazione in Canada e negli Stati Uniti, il suo pensiero femminista e antisistema si scontra con la società conservatrice dell’epoca. Allo stesso tempo, i suoi grandi dipinti astratti con insolite combinazioni di colori e forme geometriche, principalmente rombi, ispirate ai disegni tessili degli indigeni guatemaltechi, si oppongono al neofigurativismo, promosso dal Gruppo Vertebra, diffuso in tutta l’America Latina.

Nel 1974 si trasferisce a Parigi, dove «obbligata dal poco spazio a sua disposizione» si concentra sul disegno e sulla poesia. In Francia entra in contatto con la danza moderna e la Body Art, che mette a frutto al suo ritorno in patria fondando il Laboratorio della Creatività, un gruppo sperimentale di performance che organizza corsi e spettacoli in teatri e musei, ma anche nei mercati e nelle strade, stabilendo un indiscutibile precedente, effimero e iconoclasta, nell’uso dello spazio pubblico.

Attraverso l’affascinante metamorfosi della personalità e delle fasi creative dell’artista, la retrospettiva permette di approfondire anche il panorama poco conosciuto e poco esplorato dell’arte moderna e contemporanea in Guatemala e di scoprire l’influenza di Azurdia sulle successive generazioni di artisti.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Roberta Bosco