Göbekli Tepe: città neolitica e santuari sciamanici

Nel sudest dell’Anatolia si trova il sito con le più antiche strutture megalitiche della storia umana, risalenti fino al decimo millennio a.C, ancora tutto da indagare

Pilastri a forma di T nell’edificio D decorati con forme animali
Francesco Bandarin |  | Göbekli Tepe

Una straordinaria scoperta archeologica, che ha rivoluzionato la conoscenza dello sviluppo delle prime società neolitiche, venne fatta nel sudest dell’Anatolia , nel 1995 dall’archeologo tedesco Klaus Schmidt (1953-2014), già autore di altri importanti scavi su insediamenti preistorici nella regione.

Il sito era stato individuato fin dal 1963 da una missione americana, ma all’epoca era stato valutato di interesse minore. Schmidt seppe invece subito riconoscere l’importanza e l’unicità di questo sito neolitico, che contiene le più antiche strutture megalitiche della storia umana, risalenti fino al decimo millennio a.C., anteriori di due millenni all’insediamento anatolico di Çatalhöyük (7500-6500 a.C.), ritenuto il più antico insediamento umano, e addirittura più antiche di sei o sette millenni delle grandi strutture megalitiche del Neolitico europeo, come quelle di Stonehenge (3000-2000 a.C.), delle isole Orkney (3000 a.C.), di Malta (3600-2500 a.C.) o dei nuraghi della Sardegna (1900-700 a.C.).

Il sito di Göbekli Tepe si trova a circa 15 km dalla città di Sanlıurfa nel sudest della Turchia, al centro di un altopiano trasformato dall’erosione e da una intensa attività estrattiva che continuò dal Neolitico al periodo classico. Le cave venivano utilizzate per estrarre grandi pilastri monolitici a forma di T, che poi venivano disposti in strutture circolari, con una funzione certamente di tipo rituale.

In precedenza non si riteneva che le prime società neolitiche avessero la capacità di scavare e trasportare monoliti di grande dimensione, ma tale scoperta ha imposto una riconsiderazione delle capacità tecniche e del livello di sviluppo di questi primi insediamenti umani. Göbekli Tepe si trova al centro della Mezzaluna fertile, la regione nella quale si sono sviluppate nell’ambito mediorientale le prime forme di insediamenti umani e dove è avvenuta la domesticazione delle piante e degli animali che è alla base della rivoluzione agricola del Neolitico.

Il sito appartiene al periodo chiamato Neolitico preceramico di tipo A (dal 10500 al 9000 a.C.) e di tipo B (dal 9000 al 7500 a.C.). Probabilmente questa zona, che si trova a nord dei fiumi Tigri ed Eufrate, ricca di corsi d’acqua per la sua natura calcarea, venne popolata circa mille anni prima, nel corso del XII millennio a.C., durante il periodo arido e freddo chiamato «Dryas recente», che aveva interrotto, nell’emisfero settentrionale, il processo di riscaldamento seguito alla fine dell’ultima grande glaciazione.

Gli abitanti della zona erano certamente gruppi di cacciatori-raccoglitori, non essendosi ancora pienamente affermata l’agricoltura sedentaria. Il fatto che avessero sviluppato tecniche costruttive che richiedevano il coordinamento di un grande numero di lavoratori indica che esistevano forme avanzate di interazione sociale tra i diversi gruppi presenti nell’area, almeno per quanto riguarda la realizzazione di spazi rituali comuni e forse anche finalizzate a ridurre i conflitti sulle risorse.

Klaus Schmidt riteneva che Göbekli Tepe fosse un santuario di montagna neolitico, che attirava pellegrini da una vasta area circostante e da distanze anche di 150 km. Gli scavi condotti finora hanno permesso di portare alla luce otto templi principali, anche se indagini geofisiche hanno indicato la presenza di almeno 20 strutture circolari con non meno di 200 pilastri monolitici, ciascuno con una altezza media di sei metri e un peso di circa dieci tonnellate.

Gli otto complessi scavati finora, denominati da A a H in ordine di scoperta, vennero realizzati nell’epoca più antica, il Neolitico preceramico di tipo A, anche se risultano essere stati utilizzati pure nel periodo successivo, al quale sono da attribuire inoltre una serie di edifici rettangolari, con funzioni rituali ma con pilastri a forma di T molto più piccoli, spesso inseriti nei muri degli edifici.
Il complesso di Göbekli Tepe
Gli edifici hanno tutti una forma simile, anche se con dimensioni variabili, basata su un anello di pilastri minori che racchiudono due pilastri principali posti uno di fronte all’altro. Tra gli edifici principali, il cosiddetto edificio D è quello più grande e meglio conservato. Qui, i due grandi pilastri centrali, alti 5 metri e mezzo, pesanti otto tonnellate e inseriti in piedestalli di appena venti centimetri, sono circondati da ben undici pilastri a forma di T, decorati con forme animali.

Questi pilastri a T sono stati interpretati come strutture antropomorfe, deduzione confermata dalla scultura di braccia lungo il lato stretto e di mani incrociate sopra l’addome. Molti dei pilastri mostrano rappresentazioni di animali selvatici, uccelli e insetti, molto probabilmente immagini di mitologie neolitiche.

Secondo Schmidt, i pilastri a forma di T rappresentano degli antenati, e dunque i santuari di Göbekli Tepe avrebbero lo scopo di mettere in relazione le comunità locali con il cosmo, attraverso pratiche sciamaniche. Alla fine del Neolitico preceramico B il sito venne completamente abbandonato, per ragioni non ancora chiarite, e le aree rituali sepolte con detriti, il che le ha protette in modo perfetto per quasi diecimila anni.

La conservazione di queste preziose strutture preistoriche è stata una delle principali preoccupazioni degli archeologi, fin dall’inizio degli scavi. Le strutture sono in ottimo stato di conservazione, ad eccezione dello strato superficiale che nei millenni ha subito alcuni danni a causa delle attività agricole. A distanza di trent’anni dall’avvio degli scavi, solo il 5% del sito è stato indagato, e ciò richiede un’attenzione particolare, per la protezione delle aree che saranno in futuro studiate e portate alla luce.
Uno dei pilastri dell’edificio D

L'autore è stato direttore del Centro del Patrimonio mondiale e vicedirettore generale per la Cultura dell’Unesco dal 2000 al 2018

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