La neutralità radicale di Parmentier

La prima mostra dell’artista francese in Italia è ospitata dalla galleria fiorentina Il Ponte

«Décembre 1967», di Michel Parmentier
Laura Lombardi |  | Firenze

A Michel Parmentier, una figura di spicco del «radicalismo» nella pittura francese, la Galleria il Ponte dedica dal 16 settembre al 30 dicembre la prima mostra in Italia, curata da Guy Massaux, artista e suo storico assistente, in collaborazione con la Eduardo Secci Contemporary di Milano.

Le opere si riferiscono agli anni Sessanta, quando Parmentier incontra Daniel Buren all’École des Arts et Metiers, con il quale nel 1966 fonda il gruppo avanguardistico Buren-Mosset-Parmentier-Toroni (conosciuto con l’acronimo BMPT) e poi agli anni Ottanta e Novanta, periodo nel quale dopo aver abbandonato la pittura nel 1968 ritorna a dipingere, fino all’ultima opera «20 dicembre 1999».

Notevole anche la selezione di disegni e documenti storici. Fondata su una radicale negazione della pittura in quanto espressione discorsiva e interpretativa, l’arte di Parmentier, che rigetta la soggettività a favore della neutralità, consiste in grandi tele coperte da strisce orizzontali di un solo colore (blu nel 1966, grigio nel 1967, rosso nel 1968), alte 38 cm alternate a strisce bianche.

Lavori realizzati tramite la tecnica del pliage, inventata nel 1960 da Simon Hantaï. Per la comprensione di Parmentier è necessario, come indica Laura Lisbon riprendendo un commento di Bernard Blistène del 1992, cogliere l’interesse dell’artista per il concetto di Maurice Blanchot di «spazio letterario» ovvero uno spazio che include la sua propria assenza, riserva, e necessario silenzio.

Infatti l’approccio di Parmentier, che include decisivi momenti di inattività o rifiuto del lavoro, implica nozioni di riserva, restrizione e silenzio suggerendo un’etica della pittura come un approccio alla pittura (Laura Lisbon, Michel Parmentier, in Michel Parmentier. December 1965-November 20 1999. A retrospective, a cura di Guy Massaux, 1999).

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