Ora l’uomo più antico ha 1,4 milioni di anni

Ad Atapuerca, vicino a Burgos, l’eccezionale scoperta di un frammento di mandibola umana databile

Volto parziale di un ominide rinvenuto a luglio nel sito di Sima dell’Elefante presso Atapue. © Foto María Dolors Guillén/Equipo de Investigación de Atapuerca
Roberta Bosco |  | Burgos

Fino al 30 giugno scorso il volto più antico conosciuto in Europa era quello dell’Homo antecessor, scoperto nel 1993 nella grotta della Gran Dolina, nel sito di Atapuerca, appena fuori dalla cittadina di Burgos, nel nord della Spagna. Gran parte dell’équipe che ritrovò quel cranio, la cui datazione è stata stimata a 850mila anni fa, è la stessa che ai primi di luglio ha realizzato un’altra scoperta che entrerà a far parte della storia dell’evoluzione umana. Nella zona del sito denominata Sima dell’Elefante, dove erano già stati trovati resti umani, è apparso un frammento di mandibola umana che risale a circa 1,4 milioni di anni fa.

Il ritrovamento dei frammenti di zigomo e mascella, inequivocabilmente umani, apparsi nella terra argillosa, si deve a Edgar Téllez, uno dei 320 giovani ricercatori che hanno partecipato alla 44ma campagna di scavi. «I frammenti si trovavano circa due metri più in basso della mandibola apparsa nel 2007. Adesso dobbiamo scavare lentamente e con grande attenzione perché abbiamo buone probabilità di trovare i denti da cui si potrebbe estrarre materiale biologico e altre ossa che ci permetteranno di completare il volto», spiega la coordinatrice degli scavi nella Sima dell’Elefante, Rosa Huguet, ricercatrice dell’Istituto di Paleoecologia Umana ed Evoluzione Sociale, il prestigioso Iphes di Tarragona (Institut Català de Paleoecologia Humana i Evolució Social), che contribuisce allo studio del sito di Atapuerca con 115 specialisti.

Secondo Huguet queste scoperte potrebbero contribuire a determinare l’identità della specie umana della Sima dell’Elefante e di confrontare il nuovo volto con quello dell’Homo antecessor, approfondendo così l’origine della specie battezzata 25 anni fa dal gruppo di ricerca di Atapuerca. La Sima dell’Elefante è una delle grotte più ricche di reperti, perché attirava gli uccelli e fungeva da trappola naturale per gli animali terrestri. La stratigrafia è suddivisa in 21 livelli, di cui 7 sono sotto terra. Oltre ai resti umani e animali nella Sima sono stati trovati un centinaio di strumenti di pietra.

«Il livello permette la datazione a partire dai sedimenti che circondano il reperto», indica Josep Maria Vergès, coordinatore degli scavi di Atapuerca. Il ricercatore dell’Iphes aveva poco più di 20 anni quando, eseguendo uno degli abituali campionamenti che si realizzano per decidere dove scavare, scoprì l’Antecessor. «A settembre inizieremo l’analisi scientifica completa. È il sistema abituale. Scaviamo due mesi e il resto del tempo lo dedichiamo all’analisi dei resti che sono sempre eccezionalmente numerosi. Non si tratta solo dei reperti che vanno in prima pagina, tutti i frammenti sono importanti, dall’omero di un topo alle vertebre di un pipistrello. La determinazione delle specie fossili di vertebrati ottenuta a questo livello ci darà un’immagine molto precisa delle condizioni climatiche e dell’ecosistema in cui vissero i primi abitanti d’Europa», osserva Vergès, indicando la catena di lavaggio che gli archeologi hanno allestito sulla riva del fiume, dove si realizza il filtraggio, rigorosamente manuale, alla ricerca dei minuscoli reperti.

I fossili sono stati presentati alla stampa proprio nel sito del ritrovamento (con temperature che di norma sfiorano i 40º di giorno e scendono alla metà di notte) dai tre codirettori di Atapuerca, la mitica triade dell’archeologia spagnola formata da Eudald Carbonell, Juan Maria Arsuaga e José María Bermúdez de Castro. Carbonell, il primo ad affermare che c’erano umani in Europa un milione d’anni fa, adesso sostiene che gruppi di ominidi nomadi vivevano ad Atapuerca da 1,5 milioni d’anni. Inoltre ha sottolineato che solo in questo sito è possibile trovare un registro di reperti fossili con tutte le specie umane conosciute rappresentate. E conclude: «È una di quelle scoperte che si fanno ogni 50 anni».

© Riproduzione riservata Josep Maria Vergès dell’Iphes di Tarragona, coordinatore degli scavi e autore della scoperta della prima mandibola umana pertinente all’Homo antecessor. © Foto di Susana Santamaría/Fundación Atapuerca
Altri articoli di Roberta Bosco