Gianni Lucchesi in bilico tra spensieratezza e incoscienza

A Volterra l’artista pisano riflette sulle incongruenze della società attuale e sui suoi «errori fatali»

Una veduta dell’allestimento della mostra di Gianni Lucchesi nei sotterranei della Pinacoteca di Palazzo Minucci Solaini a Volterra
Laura Lombardi |  | Volterra

Con «Fatal error» Gianni Lucchesi (Pisa, 1965) ci coinvolge in una riflessione sulla nostra condizione attuale, in una società affidata alla perenne connessione del tutto dove il crash inaspettato ci coglie, nel nostro quotidiano distorto, inconsapevoli.

Dal 15 luglio al 30 settembre la mostra, a cura di Carlo Alberto Arzelà con i testi di Nicolas Ballario, si articola nei sotterranei della Pinacoteca di Palazzo Minucci Solaini, dove già  la prima installazione, «Intermundia», è metafora visiva del «rapporto distorto, e in alcuni casi compulsivo che l’uomo vive con la propria dimensione virtuale», spiega Lucchesi.

Si prosegue con «OPS. Il gioco della cavallina», con allusione al gioco in bilico tra spensieratezza e incoscienza che segna le nostre vite, per poi giungere a «Paesaggio volterrano», un dipinto che riproduce in scala la celebre cinquecentesca «Deposizione» di Rosso Fiorentino (conservata nella Pinacoteca di Volterra). Lucchesi la rivisita, sottraendo i soggetti e giocando sul senso di smarrimento che ne deriva. Infine è  «Conflitto interiore», un omaggio al gruppo Superstudio, dove l’artista tramite una scultura e gli effetti riflettenti di specchi, traduce anche qui metaforicamente la dissociazione che alberga in ogni essere umano (la figura spara a sé stessa).

Il lighting project di Davide Groppi è parte integrante dell’esposizione e i commenti sonori che accompagnano parte delle installazioni sono a cura del sound designer Andrea Salvadori.

Il progetto è svolgimento di «Out there» del 2021, a Milano Lambrate, dove Lucchesi aveva affrontato  il nostro rapporto  con il pianeta e i grandi problemi legati al clima, una delle espressioni delle incongruenze della nostra società. Un «grido sommesso» come nota Arzelà, che l’artista pisano lancia in prossimità di un punto di non ritorno e che ben si lega ai temi del progetto «Volterra Ri/Generazione Umana, Prima Città Toscana della Cultura 2022» di cui la mostra fa parte.

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