Il Louvre avvia un’azione civile per il caso Martinez

Una serie di oggetti acquistati dal Louvre Abu Dhabi e dal Metropolitan Museum of Art sono ora sotto esame, tra cui una colossale testa di marmo (forse di Cleopatra) acquistata per 35 milioni di euro

L'ex direttore del Louvre Jean-Luc Martinez ha «negato vigorosamente» tutte le accuse © Getty
Vincent Noce |

Il Museo del Louvre ha deciso di costituirsi parte civile nella vasta indagine penale sul presunto traffico di oggetti antichi dal Medio Oriente. La decisione è stata presa in relazione «all'acquisto di antichità egiziane da parte del Louvre Abu Dhabi», si legge in un comunicato dell'istituzione. E aggiunge: «Il Louvre desidera sottolineare il massimo, deciso e continuo impegno del suo personale scientifico nella lotta contro il traffico illecito di opere d'arte. Il lavoro svolto a livello nazionale e internazionale rimane una priorità per contrastare una criminalità sempre più attiva e sempre più organizzata».

L'azione arriva dopo che l'ex direttore del Louvre Jean-Luc Martinez è stato accusato di «complicità in frode e riciclaggio» di antichità presumibilmente contrabbandate dall'Egitto e acquistate dal Louvre Abu Dhabi.

Martinez, che ha diretto il Louvre tra il 2013 e il 2021, ha «negato vigorosamente» tutte le accuse e, tramite una dichiarazione del suo avvocato François Artuphel, «ha manifestato la certezza che sarà completamente scagionato» dalle accuse mosse contro di lui. Martinez, che ora è ambasciatore francese per il patrimonio culturale, è stato accusato la settimana scorsa dopo tre giorni di interrogatorio da parte dell’Ufficio centrale francese per la lotta contro il traffico di beni culturali (Ocbc). Da allora è stato rilasciato senza condizioni. I Ministeri della Cultura e degli Affari esteri non hanno ancora risposto alle accuse.

Secondo una fonte vicina all'indagine, questa settimana gli investigatori francesi si recheranno a New York per ascoltare le deposizioni di diversi testimoni, tra cui i rappresentanti del Metropolitan Museum of Art. Scambieranno informazioni con Matthew Bogdanos, il capo dell'unità per il traffico di antichità dell'ufficio del procuratore distrettuale, che ha avviato l'indagine sul traffico nel 2013, ottenendo la restituzione all’Egitto di un sarcofago d'oro acquistato dal Met.

L'oggetto funerario era stato venduto per 3,5 milioni di euro nel 2013 dall'esperto e mercante d'arte parigino Christophe Kunicki, accusato due anni fa a Parigi di associazione a delinquere, frode e riciclaggio di denaro. Il suo presunto complice, Roben Dib, direttore della galleria Dyonisos di Amburgo (di proprietà del mercante Serop Simonian), è detenuto a Parigi da marzo con le stesse accuse.

Secondo fonti legali, Martinez è accusato di aver respinto i dubbi espressi nel 2019 da un egittologo sulla provenienza di una rara stele con il nome di Tutankhamon, venduta da Kunicki tre anni prima al Louvre Abu Dhabi. Kunicki ha fornito documenti che sostengono che la stele era stata esportata nel 1933 da un capitano della marina tedesca di nome Johannes Behrens.

L'egittologo Marc Gaborde attribuisce l'origine della sua perplessità del non essere riuscito a trovare alcun riferimento a questo nome nei registri della marina mercantile e «si chiede, senza alcuna certezza, se il personaggio possa essere stato inventato». Sostiene che «i curatori e Martinez non erano certo complici ma vittime di criminali».

In qualità di direttore del Louvre, Martinez ha copresieduto il Comitato bilaterale per le acquisizioni del Louvre Abu Dhabi. Secondo una fonte vicina al Louvre, però, i «dubbi di Gaborde erano piuttosto vaghi e, in ogni caso, né Martinez né il Louvre erano legalmente responsabili della vendita e della proprietà dell'oggetto, che erano di piena competenza dello Stato emiratino». La fonte aggiunge: «L'Egitto non ha avanzato alcuna richiesta di restituzione, sebbene queste antichità siano state esposte» fin dal 2017, data di inaugurazione del museo progettato da Jean Nouvel.

Il Louvre Abu Dhabi ha rifiutato di rilasciare commenti, anche se, secondo il quotidiano francese «Libération», un audit interno ha rivelato vizi nella provenienza di alcune antichità egizie acquistate da Kunicki.

Il 21 marzo, il giudice Jean-Michel Gentil ha anche formulato delle accuse contro la casa d'aste francese Pierre Bergé. Due giorni dopo, anche il collezionista Alexandre Bernand e il commerciante parigino David Ghezelbash sono stati incriminati e posti sotto controllo giudiziario (nessuno dei due ha rilasciato commenti).

Secondo i rapporti di Bogdanos, Kunicki, Dib e Simonian farebbero parte di «un giro internazionale di traffico di antichità» che è stato oggetto di indagine negli ultimi nove anni. Bogdanos sostiene di avere le prove che i ladri locali in Medio Oriente «inviavano via email a Dib e Simonian fotografie di antichità sporche e danneggiate». Afferma che Dib «generalmente consultava Kunicki per decidere se acquistare un oggetto». «Il pezzo veniva poi contrabbandato», spesso via Dubai e fino ad Amburgo, dove veniva restaurato. Secondo Bogdanos, «Dib produceva false provenienze e storie di precedenti passaggi di proprietà per vendere gli oggetti sul mercato internazionale dell'arte. In genere, Dib sosteneva che le antichità erano state vendute da esportatori egiziani a collezionisti tedeschi o alla famiglia Simonian», utilizzando «documenti falsificati». «Infine, Dib vendeva le antichità riciclate attraverso Kunicki o la casa d'aste parigina dove Kunicki lavorava, Pierre Bergé».

Le accuse sono state negate da Dib e Simonian, che hanno dichiarato di non essere «in grado di presentare la loro difesa di fronte a queste palesi bugie» frutto di una «crociata contro il mercato dell'arte». Quando il sarcofago d'oro del Met è stato restituito all'Egitto nel 2019, Kunicki ci ha detto di avere «tutti i documenti legittimi per la sua esportazione», ma da allora né lui né il suo avvocato hanno risposto alle richieste di ulteriori informazioni.

A Parigi, la procura sostiene che le vendite del trio al Metropolitan Museum e al Louvre Abu Dhabi ammontano a quasi 60 milioni di euro.
Il sarcofago di Nedjemankhm (I secolo a.C.) che il Met ha restituito al governo egiziano dopo aver scoperto che era stata saccheggiata nel 2011
I tesori in questione
I documenti di vendita stabiliscono che tra il 2013 e il 2015 il museo newyorkese ha acquistato, tramite la casa d'aste Pierre Bergé, un ritratto femminile del Fayum per 1,5 milioni di euro, cinque frammenti del «Libro dell'Esodo» dipinti su lino per 1,3 milioni di euro, un modello in pietra calcarea di una cappella dedicata a Kemes, patrono dei musicisti, per 250mila euro, e una stele raffigurante una cantante davanti a una tavola di offerte al dio Hathor (50mila euro). Tutti questi pezzi sono stati messi in vendita da Dib.

Il Metropolitan Museum non ha voluto commentare la sorte di questi oggetti, ma ora sono stati ritirati dal suo catalogo online. Tuttavia, un portavoce sostiene che «i suoi dipendenti sono stati ingannati da questa cospirazione criminale e il museo ha collaborato pienamente durante questa indagine e continuerà a farlo».

Il Louvre Abu Dhabi ha acquistato sei oggetti direttamente da Kunicki per un totale di oltre 50 milioni di euro. Secondo una fonte vicina al Louvre, «i contatti di Kunicki con Abu Dhabi sono iniziati dopo la vendita del ritratto del Fayum al Met, quando ha proposto agli Emirati un "ritratto ancora più sorprendente"».

Nel 2014 il museo ha poi acquistato un ritratto maschile del Fayum per quasi 2 milioni di euro e lo spettacolare corredo funerario di una principessa della XXII dinastia per 4,5 milioni di euro. Nel 2015 ha acquistato un piccolo ippopotamo smaltato di blu per quasi 1 milione di euro e un modello di barca funeraria per 200mila euro. Nel 2016 ha acquistato la stele di Tutankhamon per 8,5 milioni di euro.

Ma il top lot è stata la colossale testa di marmo di una regina tolemaica che potrebbe essere Cleopatra, acquistata nel 2018 per oltre 35 milioni di euro e che Kunicki aveva esposto nel suo lussuoso appartamento in Avenue Montaigne a Parigi. La testa è alta 70 cm, il che significa che l'intera statua della celebre sovrana poteva essere alta più di cinque metri. Il catalogo che Kunicki pubblicò in occasione della vendita non fornisce alcuna indicazione sul luogo e sulla data della scoperta o sulla sua storia successiva. Cita solo un testo attribuito all'egittologo tedesco Günter Grimm, morto nel 2012, che afferma che la testa era «a lui nota dal 1971 o 1972» e un altro dello studioso Robert Steven Bianchi, che la descrive come «l'unica immagine completa di Cleopatra su scala monumentale».

Un esperto ci ha detto che «un commerciante gli aveva mostrato la testa in Germania nel 2008, quindi non è stata saccheggiata durante la "rivoluzione egiziana" del 2011». La stele di Tutankhamon è stata vista nel 1998 a Basilea anche dal defunto studioso francese Jean Yoyotte, secondo le note che ha lasciato alla Società di Egittologia.

«Tutte le provenienze sono state debitamente controllate dalle équipe del Louvre, insiste una fonte vicina al museo, ma è difficile dire se alcuni documenti possano essere stati falsificati, come sostiene l'indagine americana». Secondo i documenti d'acquisto, in alcuni casi l'oggetto è stato presentato da Kunicki come proveniente da Simon Simonian, fratello di Serop, che avrebbe acquistato lo stock di un commerciante del Cairo di nome Habib Tawadros.

La stessa provenienza è stata indicata per il sarcofago del Met. Un'altra origine dichiarata da Kunicki è la collezione di un mercante, Sayed Bey Kashaba, che un fratello di Simonian, Hagop, fu autorizzato a esportare negli anni Settanta, secondo Kunicki. In queste provenienze sono citati anche numerosi altri commercianti, collezionisti o addirittura musei in Germania.

Kunicki ha prodotto un certificato firmato da un ex curatore, Michaël Hoveler-Müller, che attesta che la stele di Tutankhamon e il sarcofago della principessa sono stati affidati al Museo Egizio dell'Università di Bonn anni prima del 2010 (il museo non ha risposto alle nostre domande).

L'indagine penale deve ora dimostrare che questi oggetti potrebbero essere stati contrabbandati da un Paese che nel 1983 ha vietato il commercio e l'esportazione di antichità.

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