Gormeley e Fontana coppia spaziale

L’«età del ferro» dell’artista inglese nella casa madre della Galleria Continua che, nel negozio Olivetti di piazza San Marco, lo fa incontrare con un suo illustre precursore

Una veduta della mostra «Lucio Fontana / Antony Gormley» (2022) al negozio Olivetti di Venezia © Cortesia dell’artista e della Galleria Continua. Foto Ela Bialkowska
Laura Lombardi |  | Venezia, San Gimignano

Antony Gormley è protagonista di due progetti della Galleria Continua. Nella personale di San Gimignano, «Body Space Time» (fino al 4 settembre) l’artista britannico offre un’ulteriore declinazione della sua ricerca fondata sul rapporto tra corpo umano e spazio nel suo strutturarsi in una dimensione cosmica, ma si concentra questa volta su un materiale estremamente versatile come il ferro, elemento essenziale di cui è composto il pianeta, sulla cui superficie giunge al termine di un lungo viaggio nello spazio interstellare. Grezzo, agglomerato, accatastato o finemente fuso, esso diventa puro disegno nell’aria, com’è nei diversi lavori esposti.

All’ingresso ci accoglie «Space», una sorta di nuvola creata da un reticolo di elementi interconnessi in acciaio, quasi fosse lo «smatassamento» del cubo di due tonnellate di ferro massiccio fresato («Body») che si trova all’altra estremità della sala. L’idea della percezione dei nostri movimenti nello spazio si sviluppa soprattutto nella platea dell’ex teatro, dov’è allestita «Frame II», una struttura corpo-spazio composta da telai di alluminio interconnessi: il visitatore, che penetra in quella sorta di casa esplosa, guarda ed è al tempo stesso guardato da chi si affaccia dalla balconata.
«Space» e «Body» di Antony Gormeley © Cortesia dell’artista e della Galleria Continua. Foto Ela Bialkowska
Nella sua concentrazione sul corpo, Gormley non perde però di vista la tradizione rinascimentale e, in omaggio a Michelangelo, dà inizio a una nuova serie di lavori dedicati al tema della «Pietà», esplorando il rapporto tra corpo «vivo» e scultura «morta» in un’opera esposta sulla terrazza della galleria. Ritroviamo poi Gormley nel negozio Olivetti di piazza San Marco a Venezia, dove il suo lavoro dialoga con quello di Lucio Fontana, grazie alla collaborazione con la Fondazione omonima e con il Fai che ha la cura e la gestione del luogo, di proprietà delle Assicurazioni Generali.

«Lucio Fontana / Antony Gormley» (fino al 27 novembre) nasce da una suggestione avuta da Mario Cristiani nel 2014. «Stavo visitando una mostra di Fontana al Musée de la Ville de Paris, e rimasi colpito da quanto diceva in un’intervista, spiega Cristiani. Mi sembrò che ci fosse una stretta consonanza con le ricerche di Gormley e ne parlai con Luca Massimo Barbero, massimo esperto di Fontana e che aveva da poco curato una mostra di Gormley al Macro di Roma». Barbero è così il curatore della mostra odierna, articolata negli spazi progettati da Carlo Scarpa nel 1958, con le sculture, i disegni e gli acquerelli di entrambi, disposti sui due livelli del negozio in un serrato dialogo di corpi e segni che, come nota Barbero, giungono «alla totale rottura dei confini imposti tra il dentro e il fuori, lo spazio e il tempo».
Una veduta della mostra «Lucio Fontana / Antony Gormley» (2022) al negozio Olivetti di Venezia © Cortesia dell’artista e della Galleria Continua. Foto Ela Bialkowska
Se le opere di Fontana si riferiscono agli anni compresi tra il 1946 e il 1958, anche quelle di Gormley illustrano diversi aspetti della sua ricerca, ma colpisce quanto le forme dei due artisti sembrino trovarsi lì da sempre. La scelta dello storico negozio ha molto significato per Cristiani, perché il modello Olivetti corrisponde appieno a quella responsabilità sociale d’impresa in cui il gallerista, fin dagli studi in scienze politiche, crede fermamente; un impegno che è all’origine dell’Associazione Continua da lui fondata, con i progetti di «Arte all’arte» nel territorio toscano, poi in altre sedi. La mostra è infatti finanziata interamente dall’Associazione e ha accesso gratuito, come nei desideri di Gormley, con la volontà di «mettere la vita nel patrimonio» e trasmetterne l’eredità alle nuove generazioni.

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