Al Madre di Napoli, un’autoriflessione sulla pittura

Il curatore Gianfranco Maraniello racconta come Lawrence Carroll e Armando De Stefano dipingano «la possibilità di dipingere»

«Closet» (1994-2003) di Lawrence Carroll
Olga Scotto di Vettimo |  | Napoli

«Lawrence Carroll è stato un protagonista della scena artistica e, al tempo stesso, un cosmopolita interprete di prospettive poetiche non riducibili alla storia delle avanguardie e delle neoavanguardie. Il suo lavoro non è cioè riconducibile a una specifica tendenza artistica, ma indaga la possibilità stessa di fare pittura dopo e al di là del primato delle scuole e delle teorie che hanno dominato il secondo dopoguerra», afferma Gianfranco Maraniello, curatore della prima retrospettiva organizzata da un museo su Carroll (Melbourne, 1954-Colonia, 2019), a tre anni dalla sua scomparsa.

La mostra al Madre (fino al 5 settembre), realizzata in collaborazione con Lucy Jones Carroll per l’Archivio Lawrence Carroll, presenta circa 80 opere prodotte in oltre 30 anni di attività. L’artista sin dai primi lavori sembra dipingere «la possibilità di dipingere», afferma il curatore, tagliando e ricucendo tele, mostrando le pinzature, sezionando e assemblando tavole, stendendo il pigmento e accogliendo nell’opera riferimenti alla vita quotidiana e alla storia dell’arte, come in «Closet», in cui dispone la copia di un dipinto di Giorgio Morandi, le scarpe di Robert Rauschenberg e altri oggetti che hanno contribuito alla formazione della sua poetica. Sempre al Madre fino al 18 luglio la mostra omaggio ad Armando De Stefano (Napoli, 1926-2021), a un anno dalla scomparsa.

Intitolata «Nulla dies sine linea», espressione attribuita ad Apelle da Plinio il Vecchio e ripresa dallo stesso De Stefano per sottolineare la sua quotidiana dedizione al disegno. Sono presenti oltre 80 opere, in prevalenza carte, una selezione di lavori datati tra il 2012 e il 2020, testimonianze di una creatività che reinventa e ripensa il disegno e la figurazione, confermando l’urgenza vitale, estrema e incondizionata per De Stefano di affidarsi all’esercizio ininterrotto della mano, del segno e del colore, nonché l’indiscussa centralità del disegno in tutta la sua opera pittorica.

In mostra disegni e tempere che riprendono temi ricorrenti nelle opere dell’artista: il mito (Apollo, Dafne, Medusa, Giano), le allegorie (la Morte, le Maschere, la Spia, gli Spaventapasseri) e la storia, qui intesa come grande racconto universale, ma anche come narrazione più intima e privata, si personificano in immagini trasfigurate, che incarnano le angosce, i timori, le passioni di ideali traditi, la vita nella sua impietosa crudezza.

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