Un decalogo per le collezioni delle dimore storiche

Un volume del Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale» fornisce linee guida per le best practices in materia di conservazione delle residenze storiche, legate da problematiche comuni

Giorgio Bonsanti |  | Venaria Reale (To)

Se state pensando di comprarvi una reggia, sappiate che ci sono i pro e i contro. Indubbiamente aggiunge prestigio, ma provoca anche notevoli grattacapi. Però potrà esservi d’aiuto un volume uscito di recente, Programmare la conservazione delle collezioni nelle residenze storiche, curato da Stefania De Blasi e Roberta Genta per la fondazione Centro Conservazione e Restauro «La Venaria Reale» (edito da Sagep, Genova 2021).

Il volume è caratterizzato da un’apprezzabile impronta pratica, che insegna a come comportarsi. La premessa è che il restauro delle residenze abbia ovviamente molto in comune con ogni altro manufatto (individuale o collettivo) di cui curare la conservazione, ma possieda nel complesso anche specificità tutte sue. Come nei musei, il pubblico è insieme destinatario e componente attiva dei danni. Diversamente che nei musei, risulta impraticabile la stabilizzazione totale del clima interno. Come nei musei, ma anche in modo differente, le residenze contengono sia opere d’arte sia oggetti d’uso, alcuni dei quali modesti in termini di interesse storico artistico.

La considerazione basilare è contenuta già nei provvedimenti normativi dal 1931 in poi: così la Carta di Atene raccomandava che «l’utilizzo degli edifici storici, che assicura la loro vita, deve essere mantenuto», a patto naturalmente che sia compatibile con le caratteristiche dell’edificio. In altre parole, l’utilizzo del monumento non è un ostacolo per la conservazione, ma anzi la sua condizione.

Ancora: come bene scrive Mario Epifani (da poco direttore di Palazzo Reale a Napoli), il valore aggiunto di una residenza è dato dalla vita che vi si è svolta. Il fatto è che i valori intangibili sono però trasmessi dalla materia, e di questa si occupa la conservazione; per quello è impossibile separarla dalla tutela, mentre il codice Urbani le affida a due sezioni distinte.

La pubblicazione, avvenuta nel quadro di programmi internazionali (progetti Co.P.R.E., EPICO), è nitidamente divisa fra i saggi introduttivi (menziono anche quello della soprintendente Lisa Accurti sugli adeguamenti impiantistici e allestitivi) e un eccellente repertorio delle alterazioni, articolato per materiali, ricco di suggerimenti anche apparentemente banali («rivolgetevi a un restauratore») ma di ottima funzionalità pratica. Il volume si completa di un’utile bibliografia (ma la prima edizione, 1963, della Teoria del restauro di Brandi fu edita a Roma, non a Torino).

Il volume viene presentato nell’ambito del convegno «Conservazione preventiva nelle residenze italiane» che si tiene dal 31 maggio all ’1 giugno nel Palazzo Reale di Napoli, due giorni di lavori a Napoli in cui si incontrano a Palazzo Reale direttori, curatori, architetti e restauratori delle più importanti residenze reali d’Italia per confrontarsi sui temi della conservazione preventiva.

Oltre ad affrontare i specifici problemi della conservazione delle diverse tipologie di arredo, dal mobilio ai tessuti agli affreschi alle ceramiche ai vetri ai manufatti metallici, il convegno analizza i sistemi di monitoraggio e valutazione dei rischi derivanti dalla frequentazione del pubblico. Si tratta di un’occasione per creare una rete che colleghi i Musei Reali di Torino, il Quirinale, Palazzo Pitti, Villa Pisani, i Palazzi Reali di Milano, Genova e Palermo, le regge borboniche, le residenze sabaude ecc.

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