Eredi e capricci per Sol LeWitt a Ravenna

La figlia richiede la distruzione del «Wall Drawing» realizzato nel 1988 e ora in mostra. Ma lo impedisce la legge, e anche il nuovo Codice Penale

«Wall Drawing #570» (1988) di Sol Lewitt. Foro Marco Parollo
Gloria Gatti |  | Ravenna

Come Giorgio Vasari si dedicò ai Capricci e aneddoti di artisti, così oggi qualcuno potrebbe raccogliere in un libro i capricci e gli aneddoti delle vedove, dei figli, dei nipoti o, più in generale, degli eredi e degli archivi degli artisti. E certamente un lungo capitolo lo meriterebbe la bizzarra richiesta di distruzione del «Wall Drawing #570», avanzata al Mar di Ravenna da Sofia LeWitt, figlia dell’artista defunto Sol LeWitt (1928-2007),esposto coraggiosamente al pubblico a partire dal 13 aprile scorso nel museo d'arte della città ravennate, dopo oltre trent’anni di deposito.

Una richiesta che assomiglia quasi a un’«istigazione» a creare un danno erariale e a commettere il reato previsto dal nuovo art. 518-duodecies del Codice Penale e che punisce chiunque «distrugge disperde, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili o non fruibili beni culturali o paesaggistici propri o altrui con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 15.000», in nome del suo inesistente diritto morale.

La monumentale opera appositamente concepita per il museo era, infatti, stata realizzata dall’artista e da suoi collaboratori nel 1988 su 7 pannelli, appositamente per la mostra temporanea collettiva «Viaggio in Italia», tenutasi tra il 9 luglio e il 4 settembre. Conclusa la quale, l'opera era stata conservata nei depositi del museo.

L’artista, nello stesso anno aveva ricevuto dall’allora Pinacoteca Comunale il pagamento della somma di 2mila dollari a titolo di «rimborso spese di costruzione», e si può ipotizzare che l’opera presumibilmente sia stata alla stessa donata.

Il Wall Drawing #570, negli anni Novanta, quindi, è stato regolarmente inserito nell’inventario dei beni artistici di proprietà della Pinacoteca Comunale di Ravenna, prima, e del Comune, poi, diventando un bene culturale protetto dall’art. 30 del Codice dei Beni culturali e di piena ed esclusiva proprietà dell’Istituzione, in base al diritto civile, per intervenuta usucapione ex art. 1161 Cod. Civ., essendo decorsi addirittura ininterrottamente 34 anni di possesso, pacifico, continuato e incontestato.

L’opera, nel 2015, senza alcuna contestazione è stata, infatti, inserita nel Sol LeWitt Wall Drawings catalogue Raisonné edito da Béatrice Gros (Artifex Press), con la collaborazione del LeWitt Estate.

Nulla quaestio sul fatto che il creatore possa distruggere l'opera da lui realizzata quando è ancora nel suo dominio, nel qual caso la distruzione è assimilabile al diritto di inedito. Quando il «Corpus Mechanicum» è però stato ceduto a terzi, l’ordinamento giuridico non giustifica una siffatta compressione del diritto di proprietà e non consente che neppure l’autore possa senza il consenso del proprietario neppure modificare l’opera unica.

L’art. 2582 del Codice Civile e gli artt. 142 143 Lda (Legge sul Diritto d'autore, Ndr) riconoscono, inoltre, all’autore quello che impropriamente viene definito «diritto di pentimento», che più propriamente è il diritto di ritirare l’opera dal commercio qualora ricorrano «gravi ragioni morali».

Il diritto di ritiro è un diritto personalissimo, ossia cessa di esistere alla morte dell’artista e come tale è intrasmissibile agli eredi e ai legittimari indicati dall’art 23 Lda e sorge quando l’autore ha ceduto a terzi il diritto patrimoniale di utilizzazione sull’opera. La domanda di ritiro per le opere in esemplare unico in possesso di privati, biblioteche e musei «che non detengano l’opera per venderla o riprodurla a scopo di lucro», non può, però, essere accolta nemmeno se formulata dell’autore in vita.

Un distinguo va fatto per le installazioni temporanee, che sulla base di un contratto nascono per esistere soltanto per una durata di tempo limitata convenuta per iscritto e con efficacia di patto tra le parti. Negli archivi del museo di Ravenna, però, non vi è traccia di un contratto di tale natura. Il«misleading» presumibilmente si deve al fatto che l’artista concettuale americano considerava arte l’idea e non la forma espressiva della stessa e riteneva che la «proprietà» dell’opera non sempre coincidesse con quella dell’oggetto materiale, ma soltanto derivasse dalla proprietà di alcuni documenti, il certificato di autenticità e il diagramma, rectius un bozzetto, che conteneva istruzioni parziali su come realizzarla o installarla.

In pratica, quindi, l’autore concedeva solo un diritto di riproduzione del bozzetto, il cui copyright appartiene dalla sua morte al LeWitt Estate, e che ora, addirittura, impone ai proprietari di ottenere un suo permesso e di avvalersi della supervisione dell’archivio per l’installazione. Fortunatamente, questi maldestri tentativi di contrattualizzare l’arte, che vorrebbero eternare diritti morali e creare monopoli, hanno valore soltanto per il mercato, ma non hanno trovato riconoscimento nella Legge sul diritto d’autore, che ha continuato a ritenere arte non l’idea ma la forma espressiva e a negare che un certificato di autenticità possa essere considerato un’opera e, quindi, proteggibile.

Infatti, un collezionista americano, che aveva citato per negligenza il suo gallerista per aver perso i suoi documenti (certificato e diagramma) di proprietà del «Wall Drawing #448», nel 2012 si è visto negare il rimborso assicurativo (Sentenza Steinkampv. Hoffman, No. 0651770, 2012 WL 1941149, N.Y.Sup.Ct. 22 maggio 2012).

Il «Wall Drawing #570»del Mar di Ravenna, però, non è una pittura muraria destinata a circolare grazie al trasferimento dei documenti. È un’opera originaria ed è stata realizzata su pannelli, presumibilmente apposta per essere smontata e riallestita nella sua versione originale, in caso necessità di riorganizzazione degli spazi museali.

Quindi, il «Wall Drawing #570», realizzato da Sol LeWitt e dai suoi assistenti, senza un contratto, è a tutti gli effetti un’opera d’arte originaria, forse magari collettiva, protetta dal diritto d’autore e, come bene culturale, protetta anche dai capricci degli eredi, al pari di «un reperto», come ha correttamente dichiarato Vittorio Sgarbi.

Per altri capricci, a chi volesse, suggeriamo la lettura di L'amour du faux: la vérité sur l'affaire Legros di Réal Lessard (Hachette).

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