La nuova onda latinoamericana

Mostre e mercato di ispanici e latinx in crescita negli Stati Uniti

 «Two Undiscovered Amerindians Visit» Buenos Aires, 1994, di Coco Fusco and Guillermo Gómez-Peña
Elisa Carollo |

Il focus dedicato all’arte latino-americana al prossimo Armory Show (9-11 settembre), la recente acquisizione da parte del Mfa di Houston di un Diego Rivera per 4 milioni di dollari, l’opera monumentale di Hélio Oiticica realizzata al Socrates Park nel Queens sono solo alcuni dei segnali della nuova onda latina che si sta riversando negli Stati Uniti e, di conseguenza, sul mercato dell’arte internazionale.

Sarebbe inappropriato definirla una tendenza passeggera, essendo legata a fenomeni sociali in atto negli Stati Uniti dove dopo il Black Lives Matters e lo Stop Asian Hate è il momento del confronto con un’altra componente importante della popolazione (il 18%) che rivendica il riconoscimento del proprio contributo nella storia e nella cultura del Paese.

È dagli anni Sessanta, almeno, che artisti, attivisti e curatori portano avanti questa lotta, per ribadire che gli Stati Uniti non sono l’unica «America». Nel 1993 con la performance provocatoria «The Undiscovered Amerindians», l’artista e attivista Coco Fusco con Guillermo Gomez-Peña si sono finti «sconosciuti indigeni» del Golfo del Messico e rinchiusi in una gabbia per offrirsi al pubblico della Whitney Biennial (e poi in altre 5 location in giro per il mondo). È Stato un esperimento sociale per smascherare stereotipi e modelli di comportamento a sfondo razziale derivanti dall’immaginario coloniale che persistono nella società americana (e non solo).

Il riconoscimento di fenomeni sociali in atto, si è tradotto in una nuova attenzione istituzionale, che è il punto di partenza anche per una riscoperta nel mercato. Nel recente riallestimento del MoMa sono state rafforzate le connessioni chiave tra gli artisti dell’America Latina e le loro controparti europee e nordamericane: intere sale sono state dedicate ad artisti come Pepón Osorio e Guadalupe Maravilla (recentemente acquisito sia dalla Tate sia dal MoMa).
A oggi la collezione latino americana del MoMa conta 300 opere acquisite tramite l’Inter-American Fund.

Altri musei stanno lavorando per integrare le proprie collezioni: nel 2019 il Dallas Museum ha avviato un fondo di acquisizione di 1 milione di dollari, il Mfa di Boston e il Toledo Museum of Art in Ohio hanno recentemente acquisito opere del surrealista messicano Remedios Varo. A marzo il Museum of Fine Art di Huston ha celebrato il 20mo anniversario del dipartimento di arte latinoamericana con un’ asta che ha registrato rilevanti risultati per Ernesto Neto, Elias Crespin e Olga De Amaral.

Nel 2021 è stata approvata la realizzazione del National Museum of the American Latino, che affiancherà l’African-American Museum e il National Museum of the American Indian allo Smithsonian. Aldilà delle ormai onnipresenti mostre dedicate a figure come Frida Kahlo, negli ultimi anni tanti musei stanno dedicando mostre sia ad artisti storici a lungo ignorati sia a emergenti Latinx (individui di identità culturale o etnica latinoamericana nati e cresciuti negli Stati Uniti).

Facendo una rapida ricognizione su un centro come New York, solo a marzo si sono visti nomi latini/latinx come Nicodim Astrid Terrazas (da poco entrata nel roster di PPOW gallery), Fernanda Laguna da Bortolami, Luis A. Sahagun da LatchKey Gallery, Joel Gaitan da 56 Henry e la brasiliana Mariana Oushiro al suo esordio con Vito Schnabel.

A livello più establish, Tarsila do Amaral e Jesù Bubu Negron da Henrique Faria Fine Art, Sandra Cinto da Tanya Bonakdar e il brasiliano Marcelo Silveira da Nara Roesler. Sempre di più le gallerie latinoamericane in città, come Proxyco, Calderon,  Regular Normal, Instituto De Visione la storica Nara Roesler.

Tanti i nomi latini in evidenza anche in appuntamenti come la New Museum Triennial, Greater New York al MoMa PS1, Made in LA all’Hammer Museum, o nella Whitney Biennial 2022 (qui significativa è anche la scelta di pannelli doppia lingua inglese/spagnolo). A seguire il Whitney Museum dedicherà inoltre un’intera mostra alla scena portoricana «In the Wake of Hurricane Maria» (novembre/aprile 2023).

È stata però soprattutto l’ultima triennale del Museo del Barrio di New York, «Estamos Bien: La Trienal 20/21», che ha contribuito a portare sotto i riflettori una nuova generazione di artisti, come Candida Alvarez, Eddie R. Aparicio, Justin Favela e Carolina Caycedo.

Questo fenomeno è ancora più evidente a Los Angeles, dove la comunità Latina è circa la metà della popolazione. Qui un ruolo importante lo riveste The Mistake Room, uno spazio non profit per la promozione di artisti latini e chicani diretto da César García-Alvarez, che con il programma dei prossimi due anni investigherà il mondo Latinx.

Racchiudere tante voci sotto un unico cappello può essere complesso: secondo un sondaggio del Pew Research Center solo il 3% della popolazione ispanica si identifica come Latinx. Sono nati recentemente anche bandi e borse di studio a sostegno, come quello lanciato dalle Andrew W Mellon e Ford Foundations del valore di 50mila dollari per artisti Latinx, frutto di anni di lavoro dietro le quinte di musei come il Lacma ed El Museo del Barrio.

Il mercato riflette e amplifica questi fenomeni. Sotheby’s ha avviato per prima un Dipartimento dedicato nel 1977, oggi tutte le case d’asta hanno specialisti e vendite di arte latinoamericana in tutte le location sia dal vivo sia online, per coinvolgere una clientela sempre più ampia e non più strettamente specifica.

A novembre uno degli ultimi autoritratti di Frida Kahlo, «Diego y yo» (1949)  è stato venduto da Sotheby’s a 31 milioni di dollari, record d’asta non solo per la Kahlo, ma per qualsiasi artista latinoamericano. Risultati importanti sono stati raggiunti anche da Diego Riviera, il cui record di 9,6 milioni di dollari fu registrato da Christie’s per «The Rivals» (1931), dalla Collezione Rockefeller.

Nel moderno sono in rialzo anche figure a lungo soggette a un’attenzione più «locale» come Rufino Tamayo (record 7,2 millioni di dollari), la surrealista britannica Leonora Carrington (messicana d’adozione) e Alice Rahon.

Per il contemporaneo uno dei casi più interessanti di riscoperta è la colombiana Olga de Amaral, i cui prezzi si aggirano mediamente intorno ai 100mila dollari (il suo record è di 245mila dollari), con grande richiesta nel mercato sia primario sia secondario e i risultati maggiori concentrati negli ultimi 5 anni. Complice di questa ascesa è anche la retrospettiva intinerante «Olga de Amaral: To Weave A Rock», organizzata nel 2021 dal Museum of Fine Arts di Houston, con tappe al Cranbrook Art Museum, al Cooper Hewitt di New York e allo Smithsonian Design Museum. Non sorprende quindi che sia entrata nella scuderia della Lisson Gallery, che le ha già dedicato due mostre negli Stati Uniti. Altro nome in crescita è la cubana Carmen Herrera, il cui «Blanco y Verde»(1966) ha raggiunto il record di 1,8 milioni di dollari da Phillips nel 2018.

Per la generazione più giovane uno dei tanti dei casi esemplari è la rapida ascesa di Ilana Savdie (1986) la cui pittura trae ampia ispirazione dai colori e carnevali della sua nativa Colombia: dopo poco più di un anno dalla fine del suo Mfa alla Yale University, dal NXTHVN Studio Fellowship di Titus Kaphar e dopo un breve passaggio alla Deli Gallery di New York, l’artista è ora rappresentata dalla Kohn Gallery a Los Angeles, che rendendola fin da subito pressoché inaccessibile a collezionisti non istituzionali ha saputo rapidamente inserirla in alcune delle collezioni principali del Paese, fra cui l’ Hammer Museum, il Museum of Fine Arts Boston, Museum of Contemporary Art di San Diego e Santa Barbara Museum of Art. È di questi giorni la notizia che annuncia il suo ingresso nella scuderia di White Cube.

L’onda Latina sembra dunque essere qui per restare, con tanti nomi che entrano (finalmente) nella nuova storia ufficiale dell’arte delle Americhe.

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