Nell’anno degli Nft recordman sarà Man Ray

Nel mercato collezionistico il 2021 è stato un anno nella media: rari i picchi della fotografia antica, tiene il contemporaneo degli artisti fotografi. Per i valori in Italia basta togliere uno zero

Un particolare di «Your Manias Become Science» di Barbara Kruger
Walter Guadagnini |

«In quattro mesi gli Nft hanno prodotto un fatturato d’asta di 127,6 milioni di dollari, il doppio del totale generato dalla fotografia, e con 100 soli Nft venduti contro 6.500 fotografie!». Bei tempi, quando la fotografia era la novità dei musei prima e delle gallerie e delle case d’asta poi, e il raggiungimento di certi valori meritava il titolo in prima pagina, anche nei report annuali di «Artprice».

Oggi alla buona vecchia stampa fotografica tocca il destino dell’arte maggiore, e proprio lei, figlia della modernità e del progresso, viene scavalcata, peraltro con i modi e i tempi follemente accelerati del presente, dall’ultimo ritrovato della tecnologia trasformato in arte. Ma la fotografia, si sa, ha enormi capacità di adattamento, e si è adeguata al ruolo di arte maggiore, trovando anche il suo frontman, l’uomo raggio di Philadelphia sceso a Parigi nel 1921 per mostrare al mondo cosa si poteva fare con (o senza) una macchina fotografica al tempo dell’età della luce.

Già detentore del primato per una foto storica («Noire et Blanche» del 1926 venduta pochi anni fa a Parigi per più di 3 milioni di dollari), Man Ray si avvia al primato assoluto atteso per maggio, in un’asta della stessa casa, dove verrà battuto un «Violon d’Ingres» valutato fra i 5 e i 7 milioni. Nel frattempo, in ogni caso, la controversa vendita della collezione di Lucien Treillard avvenuta a Parigi ai primi di marzo (furiosamente contestata dal Man Ray Trust per questioni di legittimità della proprietà) ha confermato l’ottimo stato di salute del mercato dell’autore, con la splendida serie di «Erotique voilée» che ha sestuplicato la valutazione giungendo a oltre 300mila euro, e in generale alzando in modo considerevole tutte le stime di partenza.

In attesa dunque dei fuochi d’artificio, uno sguardo retrospettivo al 2021 dice di un anno che si potrebbe definire normale, senza picchi particolari ma anche senza cadute drammatiche: meno frizzante se paragonato ad altri segmenti, ma anche al riparo dai rischi speculativi delle improvvise ascese e delle ben più dolorose discese. Il dato più impressionante rimane il milione e mezzo raggiunto da William Henry Fox Talbot (del quale avevamo dato fresca notizia proprio nel Rapporto Annuale dello scorso anno), ma va considerata l’assoluta eccezionalità dell’oggetto in questione, che difficilmente può fare da benchmark e che conferma una volta di più la condizione della fotografia antica, sempre più divisa tra aggiudicazioni medie non particolarmente elevate e tendenzialmente stabili e rari picchi, raggiunti solo in occasioni straordinarie.

Diverso il caso della fotografia contemporanea, che grazie alla sua commistione con il mercato dell’arte contemporanea tout court continua a segnare cifre di rilievo per gli autori e le autrici appartenenti a questo duplice universo mercantile: Cindy Sherman conquista la vetta con 2,7 milioni di euro, seguita dall’immancabile «Cowboy» di Richard Prince a 2,6 milioni, e da un’ottima Barbara Kruger con uno dei suo pezzi classici («Your Manias Become Science», titolo quanto mai appropriato in questi mesi e anni) che supera di poco il milione.

Tiene Gursky con poco più di mezzo milione (ma sembrano lontani i tempi dei record), appare a sorpresa David Wojnarowicz a oltre 400mila (misteri del mercato, autore affascinante, ma sino a poco tempo fa noto solo a pochi appassionati, e tutto sommato ancora oggi certo non celeberrimo), mentre sul versante classici moderni meritano di essere segnalati ancora un «Violon d’Ingres» stampato negli anni ’50 e arrivato a 400mila e Lee Miller che guida la riscossa femminile anche nel mercato, superando di poco la cifra del suo mentore (per comprendere le oscillazioni del gusto, basta d’altra parte tornare alla vendita Treillard, e vedere come tutte le fotografie che hanno per soggetto Lee Miller abbiano superato a dismisura la stima iniziale).

Situazione analoga in Italia, purché naturalmente si tolga almeno uno zero alle cifre in questione. Tiene Ghirri con poco più di 23mila euro da Finarte per una classica «Alpe di Siusi» (che partiva da una singolare base di 1.500-2.000), si affacciano Paolo Ventura e Andrea Galvani tra le nuove generazioni (sempre però negli ambigui confini tra fotografia e arte contemporanea), nulla comunque che lasci intravedere un cambio di passo del mercato nostrano, a cui continuano a mancare opere di rilievo internazionale e investitori istituzionali o finanziari.

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