Abitare a Pompei

La mostra a Palazzo Madama consente di entrare nell'antica domus e curiosare tra i suoi ambienti

Una veduta della mostra «Invito a Pompei», sala del Senato, Palazzo Madama, Torino, 2022
Laura Giuliani |  | Torino

Dal 1748, anno d’inizio della sua esplorazione, Pompei continua a essere fonte inesauribile di conoscenza sul mondo antico e sul modo di abitare dell’epoca. Ancora oggi le scoperte si susseguono e l’insieme di case, ville d’ozio e fattorie sparse alle falde del Vesuvio, restituisce un affresco delle varie tipologie abitative, riflesso dell’organizzazione sociale prima della violenta eruzione del Vesuvio (79 d.C.).

«Invito a Pompei», nella sala del Senato di Palazzo Madama a Torino, aperta dall’8 aprile fino al 29 agosto, consente di entrare idealmente all’interno della domus costruita tra il 50 e il 79 d.C. e di esplorarne gli ambienti, anche grazie al plastico di fine Ottocento della Casa del Poeta Tragico posto a inizio percorso: l’atrio, spesso provvisto di vasca per la raccolta dell’acqua piovana e dove si trovava talvolta il larario dedicato al culto domestico, ai lati le stanze (cubicula), piccole e senza luce destinate al riposo, con al fondo il tablinum, l’ambiente dedicato al ricevimento degli ospiti.

Arricchivano le dimore più lussuose il triclinio per i banchetti come nella Casa di Giulio Polibio e il peristilio, giardino colonnato talvolta dotato di ninfeo come nella Casa del Bracciale d’oro, affacciata sul golfo di Napoli, da cui provengono il raffinato e colorato ninfeo a mosaico in pasta vitrea e conchiglie (che riflettevano la luce dell’acqua), e il bellissimo affresco parietale dalla lussureggiante vegetazione che accolgono il visitatore.

Seppur contenuto e raccolto (sono 132 i reperti, tra affreschi, bronzi, vasi, sculture e gioielli provenienti dai ricchi depositi del Parco archeologico di Pompei), il percorso espositivo offre un piccolo assaggio della grande quantità di manufatti e capolavori miracolosamente conservatisi grazie ai quali è possibile ricostruire usi e costumi unitamente ad aspetti della vita politica, economica e religiosa della città. Che all’epoca, agli occhi di chi vi giungeva, si presentava viva e brulicante di uomini e donne di ogni ceto e religione, poco prima della grande catastrofe evocata dai calchi delle vittime rimaste intrappolate nel flusso di pomici e lapilli.

Non manca poi il riferimento ad artisti e letterati di tutta Europa suggestionati dal fascino delle rovine portate alla luce dai Borbone e ai cui scavi, come ha spiegato il direttore di Palazzo Madama Giovanni Carlo Federico Villa, diede grande impulso prima dell’Unità d’Italia anche Carolina Bonaparte, sorella di Paolina Borghese che all’epoca si trovava a Torino, con l’invio di 624 operai e 1.500 zappatori. «Nel maggio del 1861, pochi mesi dopo l’Unità d’Italia e qualche settimana prima della morte, aggiunge Villa, Camillo Benso conte di Cavour si era recato in visita a Pompei e al suo ritorno a Torino proprio nelle sale di Palazzo Madama firmò un nuovo finanziamento e sviluppo per gli scavi pompeiani per dare nuovo slancio a quanto iniziato dai Borbone nel 1748».

La mostra, promossa dalla Fondazione Torino Musei, è frutto della collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei, diretto da Gabriel Zuchtriegel, e Palazzo Madama, luogo unico per la sua storia lunga duemila anni, da porta romana a castello medievale, fino a capolavoro del Barocco con Filippo Juvarra e dove si è costruita l’Unità d’Italia, e che vanta una delle più importanti collezioni di arti applicate, quelle arti che derivano proprio dalla tradizione romana i cui manufatti sono in dialogo con i reperti pompeiani (catalogo Silvana Editoriale).

© Riproduzione riservata Una veduta della mostra «Invito a Pompei», sala del Senato, Palazzo Madama, Torino, 2022 Una veduta della mostra «Invito a Pompei», sala del Senato, Palazzo Madama, Torino, 2022 Parete con pittura da giardino (25-50 d.C.) dalla Casa del Bracciale d'oro Una veduta della mostra «Invito a Pompei», sala del Senato, Palazzo Madama, Torino, 2022
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