L’uomo è un essere bestiale

Singolare e tragica coincidenza della mostra di Francis Bacon alla Royal Academy

Un particolare di «Study for Bullfight No. 1» (1969) © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved, DACS/Artimage 2021. Foto: Prudence Cuming Associates Ltd
David Ekserdjian |

La Royal Academy of Arts si trova in fondo a un grande cortile a Piccadilly, in pieno centro di Londra. Alla sua fondazione, nel 1768, il suo primo presidente fu Sir Joshua Reynolds (1723-92) e fino a non tanti decenni fa è stata un vero e proprio baluardo contro l’arte moderna. Durante tutta la sua vita Francis Bacon (1909-92) non ne è mai diventato accademico, tentando in tutti i modi di evitarla. Finora, infatti, tutte le grandi mostre londinesi dedicategli (1962, 1985, 2008 e 2018) hanno avuto luogo alla Tate.

Generalmente Bacon adorava stare fuori e non dentro la buona società e per lui infrangere le regole era quasi un secondo mestiere. Cresciuto in campagna in Irlanda da un’agiata famiglia inglese, rifiutava le onorificenze reali, soprattutto l’Ordine al merito, accettato invece da artisti suoi contemporanei come Henry Moore, Graham Sutherland e Lucian Freud. Si vantava della sua omosessualità quando era ancora un piacere illegale, e informava il suo amico, il grande zoologo Desmond Morris, che lo racconta nel catalogo di questa mostra, del suo timore che la legalizzazione dei rapporti omosessuali rischiasse di renderli noiosi.

Dall’alba fino a pranzo Bacon dipingeva, poi adorava bere champagne e mangiare ostriche con amici, ma solo come preludio a pomeriggi passati a bere fino all’eccesso nei pub o club di Soho e a notti piene dei pericoli della strada.

Gli splendori e le miserie di questa sua vita vengono immortalati in modo indimenticabile nel film del 1998, «Love is the Devil» (L’amore è il diavolo), con Sir Derek Jacobi nel ruolo di Bacon e un Daniel Craig prebondiano (e ogni tanto nudissimo) nel ruolo del suo amante George Dyer. Sono passati trent’anni dalla morte di Bacon e ora finalmente con la mostra «Francis Bacon: Man and Beast» (fino al 17 aprile) si approda alla Royal Academy of Arts. Fortunatamente le sue sale grandiose si rivelano la sede ideale per i dipinti di Bacon, quasi sempre di imponenti dimensioni. La mostra è curata da Michael Peppiatt (nato nel 1941), succeduto a David Sylvester (1924-2001), anche lui molto influente nel promuovere e sostenere l’artista, con la collaborazione di Sarah Lea della Royal Academy.

Peppiatt e Bacon si erano conosciuti per la prima volta nel 1963, quando il primo era studente, e sono rimasti stretti amici per i quasi tre decenni che rimanevano a Bacon, che lo perdonava di essere eterosessuale. Le pubblicazioni di Peppiatt su Bacon sono numerosissime e si dividono tra Storia dell’arte e biografia: in quest’ultima categoria rientrano la memorabile Francis Bacon in your Blood (Francis Bacon nel tuo sangue) del 2015 e l’antologia di «bons mots» Only Too Much is Enough: Francis Bacon in his Own Words (Solo troppo è abbastanza: Francis Bacon nelle sue parole) dell’anno scorso.

Peppiatt rappresenta il non plus ultra degli studi baconiani, come viene sottolineato anche dal suo acuto saggio nel catalogo. Come spiega il titolo, la mostra celebra ed esamina il concetto di Bacon, «Siamo tutti animali», indagando la bestialità dell’essere umano, il fascino risentito da lui stesso verso gli animali e i rapporti tra uomo e bestia, soprattutto in una sala indimenticabile dedicata alla corrida che, come già Picasso, lo ossessionava. La tesi è senz’altro cruciale per una comprensione globale dell’arte di Bacon, ma la cosa che conta ancor di più nelle mostre è la scelta delle opere e la capacità degli organizzatori di convincere i proprietari a concederle in prestito. In questo caso, ci sono 48 opere esposte, delle quali una ventina provenienti da collezioni private.

Secondo Bacon «il tempo è l’unico critico» e non ci possono essere dubbi che, almeno fino ad oggi, il meglio della sua arte resta stranamente attuale. Il mercato non ha sempre ragione, ma la vendita da Christie’s a New York, nel 2013, di un suo trittico con ritratti del suo grande amico Lucian Freud, battuto per 142,4 milioni di dollari, all’epoca record mondiale per un’opera d’arte all’asta, sottolineava il suo immenso potere commerciale.

Può darsi che sia un’eresia, ma a mio avviso Bacon, come quasi tutti i pittori del XX secolo che non siano morti giovani, non migliora con l’età, anche se qui non ci sono dipinti minori. Paradossalmente aveva la capacità di combinare una certa astrazione con una devozione assoluta alla pittura figurativa: ne è la prova la riconoscibilità totale dei suoi ritratti (nessuno dei quali tuttavia è finito nella National Portrait Gallery a Londra). Si capisce anche quanto il suo genio nel fissare il movimento sulla tela debba alla modernità dei film muti della sua gioventù, al grido della donna anziana in «La corazzata Potemkin» (1925) di Sergei M. Eisenstein e agli straordinari trittici alla fine del film «Napoléon» (1927) diretto da Abel Gance.

Organizzare una grande mostra richiede anni, non mesi, e purtroppo con il passare del tempo accadono eventi che possono sorprenderci. Nel testo del catalogo si fa riferimento alla convinzione di Bacon che siamo tutti bestie. La frase «Natura, rossa nei denti e negli artigli» del poeta inglese Lord Alfred Tennyson (1809-92, che per coincidenza condivide con Reynolds e Bacon il destino di morire in un anno che finisce con il numero 92), esprime questo concetto alla perfezione. Ma dopo la recente invasione dell’Ucraina non sembra corretto indirizzare questo insulto verso il regno animale. Alla fine del suo libro La fattoria degli animali (1945), George Orwell scriveva queste parole: «Le creature fuori guardavano dal maiale all’uomo, e dall’uomo al maiale, e ancora una volta dal maiale all’uomo; ma era già impossibile scoprirne la differenza». Ora, con nostra vergogna, è sin troppo facile vedere la differenza.

© Riproduzione riservata «Second Version of Triptych 1944» (1988) di Francis Bacon © The Estate of Francis Bacon. All rights reserved, DACS/Artimage 2021. Foto: Prudence Cuming Associates Ltd
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