La Triennale si fa in tre (mostre)

Barbara Probst, Ettore Sottsass e Marcello Maloberti nel museo milanese che ha inaugurato il nuovo Caffè di Luca Cippelletti

«Exposure #129: Munich, Nederlingerstrasse 68, 08.11.17, 6:02 p.m.» di Barbara Probst (particolare), 2017, Cortesia dell’artista e della Galleria Monica De Cardenas «Los Angeles, Palm Springs» (2006) di Ettore_Sottsass
Ada Masoero |

Sono tre le mostre alla Triennale Milano in occasione di Milano Art Week, in attesa dell’apertura, il 20 maggio prossimo, della 23ma Esposizione Internazionale «Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries» (fino al 20 novembre).

È già stato aperto al pubblico il Caffè Triennale, radicalmente rinnovato da Luca Cippelletti sotto il segno della sostenibilità e dell’efficienza energetica, ma anche della luce (magnifico il nuovo cannocchiale ottico aperto sul Parco) e del verde, popolato com’è da decine di grandi piante. Al centro, uno spazio espositivo è abitato da un’opera di Andrea Branzi, «GL 03», edita da Design Gallery Milano & Galleria Nilufar, cui seguirà un lavoro dell’architetto Diébédo Francis Kéré (Burkina Faso, 1965), appena insignito del Pritzker Prize.

Accanto al Caffè, sulla sinistra, si apre fino al 22 maggio «Poesia e realtà», a cura di Lorenza Bravetta, la prima personale italiana in una sede pubblica di Barbara Probst, artista di fama internazionale nata a Monaco di Baviera nel 1964, formatasi in scultura all’Accademia di Monaco e in fotografia in quella mitica di Düsseldorf; oggi vive tra New York e Monaco.

In Triennale una novantina di scatti, parte di 24 opere, danno conto del suo sguardo speciale fatto di prospettive multiple, che tanto nei ritratti (spesso auto-ritratti) quanto negli altri lavori (still life, nudi, scatti urbani, fotografie di moda o di reportage che siano) mette in gioco l’osservatore, ponendolo «al centro» dell’immagine e inducendolo al dubbio. Il suo metodo di lavoro consiste infatti nell’organizzare il set fotografico disponendovi un gran numero di macchine fotografiche radiocomandate, da lei attivate in contemporanea, tanto da generare uno spaesamento in chi osserverà la fotografia, per la sensazione di fallacità dei propri sensi. È messo al contempo in crisi anche il rapporto tra la realtà e la (presunta) oggettività della fotografia (gli incassi della mostra saranno devoluti a Milano Aiuta, il fondo che la città, con Fondazione Comunità Milano, ha destinato ai profughi ucraini).

Di fronte si apre, anch’essa fino al 22 maggio, «Ettore Sottsass. Foto dal finestrino», una mostra da non perdere ideata con Studio Sottsass e con allestimento di Christoph Radl, in cui sono esposte 26 immagini, scattate con una vecchia Leica 26 e altrettanti brevi commenti di Sottsass (1917-2007), realizzati tra il 2004 e il 2006 per «Domus» su richiesta di Stefano Boeri, che era allora il direttore della rivista: «gli chiesi degli editoriali che rappresentassero la sua visione del mondo, rammenta ora Boeri.

Ettore preferì cominciare a mandarci delle cartoline o, come preferiva chiamarle, delle “Foto dal finestrino”: immagini a tutta pagina, con un breve testo scritto a macchina con la sua Olivetti Valentine. Porzioni di mondo e pensieri che Ettore recuperava dal suo enorme archivio di luoghi visitati con Barbara Radice, sparsi sulla superficie del pianeta. Le 26 istantanee di pensiero visivo che oggi ripresentiamo in Triennale sono uno straordinario Atlante di corrispondenze e coincidenze tra luoghi, sensazioni vissute e pensieri».

Imperdibile la prima, con la tomba di Malevič, presso Mosca, e il racconto dell’odissea compiuta per trovarla, ma in mostra sfilano immagini non meno affascinanti di ogni parte dell’Italia e del mondo, riunite nel 2009 in un volume della Biblioteca minima di Adelphi.

Dal 26 marzo al 25 aprile, infine, nell’Impluvium va in scena «Marcello Maloberti. Martellate», una mostra a cura di Damiano Gullì che rilegge, nel suo trentennale, il progetto «A voce scritta» dell’artista lodigiano (1966): una moltitudine di aforismi e asserzioni miscelate in una «marmellata psichedelica», con pensieri dell’artista scritti a pennarello con un tonante stampatello maiuscolo («martellate», appunto) che, insieme, ne ricompongono una sorta di autoritratto a più facce.

Alcuni di essi prendono voce attraverso la voce di Lydia Mancinelli, compagna di vita di Carmelo Bene: un sonoro diffonde infatti in mostra il vinile «Lydia Mancinelli legge Marcello Maloberti. Martellate Scritti Fighi 1990–2020», mentre il volume Martellate (Scritti Fighi), edito da Flash Art nel 2019, li raccoglie tutti.

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