La Grande Boucle del Grand Tour

Sono le cose romane a lasciare ancora a bocca aperta, non i ritrattoni di Batoni, scrive Marco Riccòmini della mostra alle Gallerie d’Italia

Il bronzeo Mercurio a riposo portato alla luce nella Villa dei Papiri a Ercolano
Marco Riccòmini |  | Milano

Tour, Grand Tour (Valtur)? Come quello de France (La Grande Boucle), o come quella di Eiffel? Già la partenza della mostra «Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei» (a cura di Fernando Mazzocca con Stefano Grandesso, Francesco Leone, alle Gallerie d’Italia di Milano fino al 27 marzo) è in salita, come si direbbe d’una gara in bicicletta come la Maratona dles Dolomites. Vuoi perché il tema del Grand Tour non è sulla bocca di tutti, vuoi perché è già stato molto masticato.

Però una mostra sul viaggio par excellence dopo mesi di «arresti domiciliari» ha il potenziale per far sognare e chi rimane a casa si aspetterebbe almeno un souvenir da Roma, Napoli e Firenze (per dirla con Stendhal). Ma non rapiscono il cuore né fanno sognare i ritrattoni del Batoni che, invece d’esser circondati da calde pareti di velluto rosso, consolles e specchiere dorate, tra i lucidi sportelli di marmo e d’ottone della banca umbertina paiono annoiati correntisti in attesa del loro turno, né inteneriscono il cuore quei quadroni che si vorrebbero specchio d’una ideale «bellezza italiana».

A rapire il cuore, invece, sono le tenere carni del bronzeo Mercurio a riposo portato alla luce nella Villa dei Papiri a Ercolano, o il totem alabastrino dell’Artemisia Efesia; ossia le cose per davvero antiche, romane, che lasciavano e lasciano ancor oggi a bocca aperta turisti e granturisti. Che riprodotte in scala minore nelle fucine di ingegnosi fonditori napoletani appesantirono il bagaglio dei colti viaggiatori per finire sulle mensole dei loro caminetti di lontane case nello Shropshire, Spagna, Russia o Lusitania.

Quelle copie ridotte, in bronzo o in alabastro, i preziosi volumi di calchi dall’antico, le gouaches di Pompei, furono la miglior réclame che ogni (Grand) Tour Operator avrebbe potuto desiderare. Purtroppo, quelle opere, certamente Pop ma, proprio per questo, comprensibili e alla portata di tutti, non erano in mostra. Peccato.

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