Moroni dipingeva ritratti impastati di latte e fiori

Una nuova monografia di Simone Facchinetti per Officina Libraria sull’elegantissimo ritrattista bergamasco di gentiluomini rinascimentali

Giovanni Battista Moroni, «Ritratto di Ludovico Madruzzo» (particolare). Chicago, Art Institute
Arabella Cifani |

Il Cinquecento che noi chiamiamo lombardo, un percorso storico e geografico molto complesso, è fitto di pittori di altissima qualità, che dipingono però in modo molto diverso rispetto alle più celebrate scuole centro italiane.

Dopo la battaglia di Pavia del 1525, l’antico ducato di Milano fu ceduto agli spagnoli che lo governarono fino al 1714. Bergamo, Crema, Brescia e Salò ebbero invece un’altra storia, decisamente migliore; e un’altra arte, poiché fin dal Quattrocento erano sotto il dominio di Venezia.

Fra i tanti maestri attivi in queste aree della Serenissima, Simone Facchinetti ha concentrato il suo studio, e per molti anni, su Giovanni Battista Moroni, a cui ha dedicato una fondamentale monografia che aggiorna e integra quella uscita nel 1979 a cura di Mina Gregori.

Moroni è uno di quei rari pittori italiani su cui, fin dal Seicento, non si sono quasi mai spenti i riflettori dei conoscitori, dei critici e degli storici dell’arte. Durante la sua vita invece l’artista attraversò alti e bassi di fortuna e a volte gli furono preferiti rustici pittori locali nemmeno vagamente comparabili.

Facchinetti ha svolto un lavoro di ricerca esteso e preciso sulle oltre duecento opere certe del pittore sparse in tutto il mondo. Il volume si compone di una serie di capitoli dedicati alla vita, all’opera, alla fortuna critica e al regesto dei documenti (a cura di Giampiero Tiraboschi).

Segue una completa schedatura dei dipinti, in ordine cronologico con riproduzioni a colori. La bibliografia è amplissima. Ma cos’è che rende indimenticabile a tutt’oggi la pittura del Moroni e fa sì che su di lui si programmino ancora mostre importanti (le ultime due a Londra nel 2014 e a New York nel 2019) o libri, costosi e preziosi come questo?

È forse la realtà della vita e del sangue che pulsa, che trascorre sui volti dei ritratti, che siano essi nobili o gente del popolo, e quel colorire vero, sobrio e spoglio? Il Boschini nella sua «Carta del Navegare» aveva colto questo fascino che lo aveva lasciato stupefatto, quando a proposito di un suo ritratto affermava che fosse così bello e vivo da parere impastato di latte e di fiori.

Modesto, religioso, sempre defilato, totalmente dedito alla sua arte, Moroni è riuscito nella difficilissima impresa di far parlare e respirare i suoi personaggi; la sua pittura ha saputo esprimere ciò che la parola non può descrivere, cogliendo l’anima delle persone e giungendo alla parte più profonda dell’essere.

Nelle sue tele echeggiano suoni, silenzi e luci, che non possono essere uditi e visti nel rumore del mondo e vanno invece contemplati in una dimensione rastremata e astratta. La sequenza dei dipinti dell’artista, che il libro ben presenta, esprime un andamento musicale, caratterizzato da toni profondamente meditativi e malinconici, come di un basso continuo, suonato da una tiorba o da un violoncello ombroso e crepuscolare. Difficile sottrarsi a questo straordinario respiro.

Giovan Battista Moroni. Opera completa,
di Simone Facchinetti, 512 pp., 320 ill. col., Officina Libraria, Roma 2021, € 85

© Riproduzione riservata Giovanni Battista Moroni, «Gian Gerolamo Grumelli», 1560 ca. Fondazione Museo di Palazzo Moroni
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