Lo vorrei prendere tra le braccia

Il 27 gennaio va in asta da Sotheby’s una tavola di Botticelli stimata 40 milioni di dollari circa, una cifra cauta secondo lo specialista del Rinascimento italiano, che ipotizza anche il possibile acquirente

«Cristo dei dolori (Ecce Homo)» di Sandro Botticelli © Sotheby’s
David Ekserdjian |

Il 27 gennaio a New York Sotheby’s mette all’asta una tavola di Sandro Botticelli, «Cristo dei dolori (Ecce Homo)», quasi, ma non completamente, ignota. Questo Cristo a mezzo busto fu venduto, sempre da Sotheby’s ma a Londra, nel lontano 1963, presentato in catalogo da un’illustrazione in bianco e nero. Fu battuto a 10mila sterline, un prezzo assai modesto anche all’epoca e che indica che l’attribuzione all’artista non era stata universalmente riconosciuta dal mercato. A quel punto spariva in una collezione privata, dov’è rimasto nascosto per decenni. Non se ne fa menzione nemmeno nel volume del 1967 dedicato da Carlo Bo e Gabriele Mandel a Botticelli nella famosa collana della Rizzoli «Classici dell’arte», dove invece vengono prese in considerazione molte opere respinte.

Nel 1978, nella grande monografia con catalogo ragionato su Botticelli in due volumi scritta da Ronald Lightbown (1932-2021) ed edita da University of California Press, la tavola viene elencata nella sezione dedicata alle «Opere di bottega e scuola». Secondo Lightbown, che con ogni probabilità non aveva mai visto l’originale, non meritava una scheda a sé stante, ma si ritrovava invece sepolta tra varie versioni di un originale perduto e, ancora peggio, non veniva riprodotta nemmeno a grandezza francobollo.

Solo dal 13 novembre 2009 al 28 febbraio 2010 l’opera ricompare allo Städel Museum di Francoforte nell’importante mostra «Botticelli: ritratto, mito, devozione», in compagnia di importanti prestiti dagli Uffizi, dalla National Gallery di Londra e da numerosi altri musei e gallerie. In quell’occasione non si esita ad attribuirla a Botticelli stesso, notando che già al momento dell’asta Sotheby’s del 1963 Federico Zeri la giudicava un autografo eseguito verso il 1500.

Non deve sorprendere, quindi, se nella fototeca della Fondazione Zeri si ritrova un’immagine del quadro scattata dallo stesso studioso, oltre ad altre due provenienti dal lascito di Everett Fahy, che confermava l’attribuzione e indicava di aver visto l’opera presso l’antiquario Wildenstein a New York nel 2003. Negli anni successivi alla mostra di Francoforte, l’opera non è stata molto discussa, ma alcuni pezzi grossi del mondo della storia dell’arte come Keith Christiansen e Laurence Kanter hanno sostenuto la paternità di Botticelli, mentre pochi sono stati i pareri negativi. Infatti, non è così raro il caso che scoperte artistiche di questo tipo ottengano pareri favorevoli: un altro Botticelli di recente scoperta, la «Madonna Wemyss» alla National Gallery of Scotland di Edimburgo, completamente inedito prima del 2000, non ha mai suscitato dubbi.

Per arrivare, finalmente, alla tavola che andrà all’asta da Sotheby’s a fine mese, devo dire che la sua iconografia è un’invenzione di Botticelli. È vero che fa parte di una tradizione visiva proveniente dalle Fiandre che si trasferisce in Italia nella seconda metà del Quattrocento. Mi riferisco ai quadri che mostrano Gesù a mezzo busto contro un fondo nero, e culminano con il «Salvator Mundi» di Leonardo, ma nella tavola di Botticelli il modo di rappresentarlo è unico.

Siamo davanti al Salvatore risorto (le sue mani rivelano le stimmate e indicano la ferita sul petto), che però è ancora prigioniero delle corde crudelmente annodate dai soldati romani e sul capo porta la corona di spine che lo fa ancora sanguinare. Questa combinazione di trionfo e umiliazione si ripete nel contrasto tra lo splendore della veste rossa e dorata e l’aureola composta da non meno di undici angeli monocromi che, per lo più coprendosi gli occhi, sorreggono le Arma Christi (in senso orario, in basso da sinistra, la scala, il flagello, la lancia, i chiodi, la croce, il sudario, la colonna della flagellazione, le tenaglie e la spugna). Inoltre, i tre angeli in alto reggono insieme la Sacra Sindone.

Il concetto è magnifico, ma è l’esecuzione che conta ancora di più, e soprattutto il modo in cui siamo catturati dall’intensità dello sguardo implacabile di Gesù, davanti a noi, e tanto vicino. Questo Botticelli non è il pittore della «Nascita di Venere» o de «La Primavera», ma il discepolo di Girolamo Savonarola. È l’artista che intorno al 1500 dipinse le due varianti sul tema del «Compianto sul Cristo morto» ora al Museo Poldi Pezzoli di Milano e all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, tra le tragedie dipinte più riuscite dell’intero Rinascimento.

Chi potrebbe comprare il Cristo che Sotheby’s propone in asta, e a quale cifra? Al J. Paul Getty Museum di Los Angeles, per esempio, manca un Botticelli e hanno grandi mezzi economici, come hanno dimostrato nel 2017 con l’acquisto (gestito da Sotheby’s attraverso una vendita privata, Ndr) di una «Madonna con Bambino, san Giovannino e Maria Maddalena» (1535-40) di Parmigianino per 24,5 milioni di sterline e nel 2016, nell’asta Sotheby’s del 28 gennaio, di «Danae e la pioggia d’oro» di Orazio Gentileschi per 30,49 milioni di dollari (più recentemente, nel 2019, la National Gallery ha speso 19,5 milioni di sterline per un «Ritrovamento di Mosè» dello stesso Gentileschi, acquistato tramite trattativa privata attraverso Sotheby’s e la Pyms Gallery).

Comunque sia, tutto dipenderà della concorrenza dei privati. Nell’asta del 28 gennaio 2021 Sotheby’s ha venduto un «Ritratto di giovane con medaglione» di Botticelli per 92,1 milioni di dollari, un prezzo per un antico maestro superato solamente dai ritratti dei coniugi Maerten Soolmans e Oopjen Coppit (1634) di Rembrandt (acquistati congiuntamente, attraverso una vendita privata di Christie’s, il primo febbraio 2016 dallo Stato francese e da quello olandese per 160 milioni di euro, 80 milioni di euro ciascuno, Ndr), e dal «Salvator Mundi» di Leonardo (venduto all’asta da Christie’s il 15 novembre 2017 per 450,3 milioni di dollari).

Si crede che il «Ritratto di giovane con medaglione» di Botticelli sia stato acquistato da un collezionista asiatico, e il fatto che Sotheby’s abbia deciso di organizzare la prima presentazione al pubblico del Cristo non in Europa o negli Stati Uniti, ma a Hong Kong indica le loro aspettative. Non avrà nociuto se contemporaneamente all’asta dello scorso anno, all’Hong Kong Museum of Art, era in corso una splendida mostra di 42 opere provenienti dagli Uffizi e intitolata «Botticelli e il suo tempo». Di solito, si dice che le opere religiose siano meno amate rispetto ai ritratti o ai soggetti mitologici, ma ovviamente molto dipende dalla qualità del dipinto.

La stima per il ritratto di giovane era di 80 milioni di dollari circa, mentre per il Cristo si parla di 40 milioni circa, ma a mio avviso è una cifra notevolmente cauta, perché in questo caso l’unione fra una straordinaria invenzione e un tocco perfetto ha creato un vero capolavoro. In scozzese, c’è un’espressione che dice: «Tutto è una questione di gusti, come diceva il signore che baciava la vacca». Tra il ritratto del 2021 e il Cristo del 2022, non ho dubbi su quale dei due vorrei prendere tra le braccia.

David Ekserdjian è Storico dell’arte e tra i massimi conoscitori del Rinascimento italiano, autore di The Italian Renaissance Altarpiece: Between Icon and Narrative, premiato dal Giornale dell'Arte come miglior libro del 2021

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© Riproduzione riservata I «Ritratti di Maerten Soolmans e Oopjen Coppit» (1634) di Rembrandt Il «Salvator Mundi» attribuito, non unanimemente, a Leonardo
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