In bocca al L.U.P.O.

Massimiliano, quarta generazione Lorenzelli, si mette in proprio con un nome portafortuna. Si comincia con la giovane pittura figurativa, per continuare nel 2022 con una ricognizione sulla scena inglese

Massimiliano Lorenzelli
Ada Masoero |  | Milano

Per i Lorenzelli, galleristi dal 1956, prima a Bergamo poi a Milano, è arrivato il tempo del debutto della quarta generazione: Massimiliano Lorenzelli, 26 anni, nello scorso settembre ha aperto la propria galleria, nello stesso edificio di corso Buenos Aires 2 in cui opera la galleria paterna (Lorenzelli Arte), ma al primo piano, in una sede staccata. E l’ha battezzata con un acronimo efficace e aggressivo, L.U.P.O. (Lorenzelli Upcoming Projects Organization).

Qui, spiega Massimiliano a «Il Giornale dell’Arte», «mi occupo solo di artisti giovani, nati dopo il 1990, internazionali e italiani, seguendo la linea della pittura figurativa. Nella prossima stagione il focus sarà prevalentemente sugli inglesi: la prima mostra, dall’inizio di febbraio, sarà una personale dell’anglo-malesiana Alya Hatta. Intanto, fino al 5 febbraio presento “Down in Albion”, in cui sono esposti per la prima volta in Italia dipinti di Sholto Blissett, Francesca Mollett e Xu Yang, tutti diplomati nel 2020 al Royal College of Art di Londra: tre amici, tutti giovanissimi ma con un’eccellente storia espositiva che, come sempre accade ai migliori diplomati di questa scuola (che forma gli studenti anche sul piano manageriale), è iniziata con una mostra da Saatchi a Londra, dove galleristi e curatori hanno potuto vedere i loro lavori. E nel loro caso è continuata in altre sedi non meno prestigiose: per Sholto al White Cube, poi a Berlino, Londra, New York; per le due artiste in importanti gallerie di Los Angeles e in Corea». I prezzi delle opere vanno dai 2-3mila euro ai 40-50mila di Sholto.

Un modello, questo, già abbracciato e sperimentato con successo con la sinergia esclusiva tra Brera e Lorenzelli Arte, dove ogni giugno viene presentata una selezione di giovani artisti a fine corso, scelti da professori dell’Accademia milanese. La mostra di quest’anno è stata «Sguardi/Blinke. Dall’interno dell’Accademia di Brera», poi spostata alla Frankfurter Westend Galerie, i cui artisti sono stati selezionati da Marco Casentini, Andrea B. Del Guercio e Dany Vescovi: «Lo stesso accadrà nel prossimo giugno, annuncia Matteo Lorenzelli, per creare un’indispensabile continuità. E quella mostra, dopo la Germania, avrà quasi certamente un’altra tappa internazionale».

Intanto, da Lorenzelli Arte, dopo la conclusione, il 22 gennaio, della bellissima mostra «Nel nome di Dio Omnipotente. Arti talismaniche, pratiche di scrittura sacra e protettiva dal Nord della Nigeria», a cura di Andrea Brigaglia e Gigi Pezzoli, in arrivo dal Maschio Angioino di Napoli (un percorso stupefacente nella cultura del gruppo etnico Hausa, 70 milioni di persone, attraverso le loro tavole coraniche, le pelli con simboli esoterici e apotropaici e una strepitosa veste da sciamano, di cui nulla è in vendita), Matteo inaugurerà, in febbraio, una grande mostra di Piero Fogliati (1930-2016), «la prima dopo quella del 2002 alla GAM di Torino, ci spiega, con opere storiche di grande importanza, fra le quali un “Fleximofono” di circa tre metri d’altezza, di cui esistono tre soli esemplari, due dei quali musealizzati, e un “Liquimofono”, un organo orizzontale ad acqua del 1965, già esposto alla Biennale di Venezia: opere con le quali l’artista dava voce al mondo della natura e ai suoni delle città».

Il tutto, coerentemente con la linea cara a Matteo Lorenzelli, che (com’era accaduto con Dorazio, che aveva presentato ripetutamente quando il suo lavoro era un po’ sottovalutato) si propone di mettere in luce il lavoro di grandi autori del recente passato, non ancora riconosciuti quanto meriterebbero da critica e mercato.

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Ada Masoero