Difficile non riconoscere un falso

In un convegno a Lucca gli scienziati ci dicono come identificarli, ma il rischio è che in queste occasioni venga sottovalutato o addirittura incompreso il ruolo dello storico

Il particolare di un dipinto di Modigliani esposto a Genova nel Palazzo Ducale nella mostra del 2017 le cui opere vennero ritenute false dal critico d'arte Carlo Pepi
Giorgio Bonsanti |

«Siamo veramente capaci di distinguere tra un vero e un falso?» era il tema della tavola rotonda conclusiva del convegno «Lo scienziato e la falsificazione. Metodologie scientifiche per identificare i falsi nell’arte», tenutosi a Lucca presso il complesso di San Micheletto il 2 e 3 dicembre scorsi su iniziativa del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e dell’Igiic.

È un argomento sempre attuale sul quale nell’ultimo ventennio si sono moltiplicate svariate iniziative (convegni, pubblicazioni). A Lucca partecipavano in presenza professionalità molteplici necessarie negli esami di un manufatto per accertarne l’autenticità: scienziati, restauratori, ma anche un po’ di storici (dell’arte, archeologi), e qui occorre esporre come debba svolgersi nei fatti la procedura di valutazione.

Il rischio che si corre in queste occasioni è che venga sottovalutato o addirittura incompreso il ruolo dello storico, che in realtà è il motore da cui debbono prendere avvio le ricerche; quelle scientifiche, naturalmente, ma anche quelle storiche intese a ricostruire la storia dell’opera, anche se qui si annidano le insidie maggiori (un documento o un timbro possono essere falsificati anch’essi). Intendo dire che la prima reazione è quella del competente in storia: è buono o non è buono? Nel caso di un’opera d’arte è lo stile che indirizza verso i passaggi successivi.

Nel convegno sono stati richiamati casi di falsi clamorosi del passato, i cui autori hanno oggi un nome e un cognome, in cui sembrava che i materiali costitutivi fossero tutti regolari: ma la Madonna del Botticelli era esemplata sul viso di Jean Harlow. Successivamente interverranno gli approfondimenti storici (provenienza e storia dell’opera) e tecnico-scientifici, e qui la collaborazione fra restauratore e scienziato è il momento topico.

Ovvio che se alle analisi appare un materiale che non esisteva all’epoca supposta, sarà una condizione determinante: ma il campione è stato preso nel posto giusto, o non piuttosto in un’area di restauro? E siamo davvero sicuri che quel materiale all’epoca non esisteva? Tutto questo per dire che ogni passaggio nell’iter di accreditamento (o di rifiuto) deve essere condotto metodicamente e in assenza di qualsiasi pregiudizio; l’obiettività è elemento necessario.

Poi, naturalmente, accade che riconoscere per falso un dipinto sia in linea di principio più agevole per uno antico che per uno moderno (un contributo spagnolo al convegno analizzava tutti i passi che avevano battezzato falso un Modigliani; ma, sommessamente, anche se sarebbe riduttivo affermare che «bastava guardarlo», era proprio lo stile che instillava da subito dubbi robusti).

Come anche, più facile per un dipinto che per un’opera in pietra o marmo. Alcuni materiali possono di per sé offrire possibilità che altri non possiedono (la termoluminescenza per le terrecotte, la dendrocronologia per le opere in legno). Quel che conta, è che non vi sia incompatibilità fra le risultanze di varia natura, che tutte si compongano in un quadro armonico in cui ognuna si mette utilmente e senza contraddizioni in relazione con le altre.

La mia convinzione, con cui concludevo un mio saggio dedicato all’argomento quasi una ventina d’anni fa, è che è impossibile che un falso intenzionale (lo si definisce così quando è presente il proposito di trarre guadagno economico) non si riveli; prima o poi, in una qualsiasi delle componenti che concorrono a costruirlo, emergerà il particolare incongruo che lo tradirà.

Attendiamo con impazienza una pubblicazione promessa al convegno di Lucca, non ancora disponibile per le difficoltà di approvvigionamento cartaceo del momento: il volume a caratura internazionale che ha per editor Maria Perla Colombini, Ilaria Degano e Austin Nevin, intitolato Analytical Chemistry for the Study of Paintings and the Detection of Forgeries, che presenterà lo stato dell’arte quanto alle analisi scientifiche rivelatrici.

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