La Natività nell’arte | Giovanni Gerolamo Savoldo

Gli auguri della casa editrice con opere scelte dai suoi autori | Nella veneziana «Adorazione dei pastori» la Vergine e Bambino al chiar di luna

Un particolare dell’«Adorazione dei pastori» (1537-40) di Giovanni Gerolamo Savoldo, Venezia, Chiesa di San Giobbe
Toto Bergamo Rossi |

Fin dal XIV secolo i frati francescani minori osservanti reggevano un piccolo ospizio con una cappella dedicata a san Giobbe, in una zona remota del sestiere di Cannaregio, alla fine dell’omonimo canale che connette la laguna nord con il Canal Grande.

Venezia, cercando di emulare Costantinopoli che contava ben due templi dedicati a san Giobbe, collocati all’interno di complessi conventuali destinati al ricovero dei meno abbienti, fu una delle poche città della penisola italica a dedicare numerosi edifici di culto ai santi del Vecchio Testamento: san Zaccaria, san Simeon, san Geremia, san Moisè, san Samuele e san Giobbe.

Il frate predicatore Bernardino da Siena soggiornò per ben due volte nell’ospizio di san Giobbe e nel 1443 predisse a Cristoforo Moro la sua elezione al dogado, avvenuta nel 1462. Bernardino morì nel 1444, fu canonizzato nel 1450 e dall’anno seguente il senatore Moro iniziò a elargire cospicue donazioni per l’ampliamento del monastero e la costruzione del nuovo tempio dedicato al santo titolare e a san Bernardino da Siena.

È probabile che già nel 1471 Pietro Lombardo stesse innalzando il magnifico portale della chiesa la quale, malgrado le successive modifiche, alterazioni e spoliazioni, si presenta ancora come un elegante e prezioso scrigno del primo Rinascimento veneziano. L’interno dell’edificio a navata unica conservava alcuni capolavori della pittura veneta della fine del Quattrocento, trasferiti all’inizio del XIX secolo presso il nascente museo delle Gallerie dell’Accademia, come la celebre «Pala di San Giobbe», eseguita da Giovanni Bellini nel 1487.

La Cappella Contarini decorata con volte gotiche che precede l’elegante sacrestia, è molto probabilmente quel che rimane del primitivo oratorio sopramenzionato. In questo ambiente, sconosciuto ai più, si trova una meravigliosa pala d’altare del bresciano Giovanni Girolamo Salvoldo, raffigurante l’Adorazione dei pastori, eseguita probabilmente intorno al 1537.

Savoldo dipinse altre due versioni dello stesso soggetto, la prima è conservata presso la Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, mentre la seconda si trova nella Chiesa di Santa Maria la Nova a Terlizzi, in provincia di Bari. La versione veneziana colpisce per le dimensioni ridotte della pala, per l’ottimo stato di conservazione e la brillantezza dei colori, per la composizione volutamente semplice, ma soprattutto per la favolosa luce della luna. Trattasi a mio avviso di uno dei primi dipinti notturni illuminati dal plenilunio, luce che Savoldo utilizzò in molte delle sue opere, qualche decennio in anticipo rispetto alle grandi produzioni pittoriche «notturne» dei Bassano.

Nella pala veneziana la luce della luna ha un ruolo fondamentale: illumina il paesaggio retrostante la capanna fatiscente, creando un effetto opalescente  che mette in controluce i pastori, che partecipano allo straordinario evento con grande naturalezza e spontaneità. Anche il Bambino, illuminato dalla luna sembra scostare il panno sul quale è disteso, per ammirare anche lui il cielo notturno rischiarato dalla luna piena che lo illumina e che colpisce anche il volto, il collo e le mani della Vergine. È proprio questa armoniosa semplicità, avulsa dall’imperante Manierismo di impronta tosco-romano che stava invadendo anche la Serenissima in quegli anni, che fa di questa pala d’altare una delle più belle Adorazioni dell’arte italiana. Una ragione in più per visitare la poco conosciuta Chiesa di San Giobbe a Venezia.

Osservando il pastore che si affaccia sulla finestra della stalla, non si può che conferire con Roberto Longhi, il quale definì Girolamo Salvoldo come un anticipatore di Caravaggio.

L'autore è Direttore della Fondazione Venetian Heritage

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