Lo sguardo impegnato di Raymond Depardon

Per il fotografo, in mostra a Milano e Parigi, ogni scatto è una prova di vita

«Manhattan», 1981, dalla serie «Manhattan Out» di Raymond Depardon © Raymond Depardon / Magnum Photos
Ada Masoero |

Da non perdere, la personale «Raymond Depardon. La vita moderna», presentata fino al 10 aprile in Triennale da Triennale Milano e da Fondation Cartier pour l’art contemporain (diretta da Hervé Chandès), nel progetto di collaborazione tra le due istituzioni. Da non perdere, perché è la più vasta mai realizzata sul lavoro del fotografo e cineasta francese (1942, membro di Magnum) e perché è stato lui stesso a idearla per questi spazi, con l’artista Jean-Michel Alberola, scegliendo, tra le otto serie e i due film esposti, ben tre progetti («Piemonte», 2001, «San Clemente», 1977-81, e il film omonimo del 1980) che provano il suo amore per l’Italia.

In tutto, 300 fotografie, due film e i libri di quest’artista giramondo, tutti segnati dal suo sguardo profondamente partecipe sul mondo. Ha raccontato lui stesso quando scattò la scintilla che, dal fotogiornalismo, lo portò alla fotografia militante, dell’impegno sociale: fu alla fine dei ’70, in Ciad, quando dei guerriglieri che tenevano in ostaggio una donna gli chiesero di testimoniare con la sua macchina fotografica la «prova di vita» della sequestrata. «Da allora, spiega, tutta la mia fotografia è stata una “prova di vita”», nelle immagini di esseri umani come in quelle di paesaggio.

L’incipit è affidato alla serie «Errance», 1999-2000, i cui luoghi «vogliono» essere non riconoscibili per diventare universali, tanto da scandire, con gigantografie di alcuni suoi scatti, l’intero percorso. Dopo «Piemonte», con una Torino umida e spettrale, c’è la Provenza, mai pittoresca, di «Communes», 2020, poi Glasgow, con i bambini che giocano in strada e i senzatetto. New York, città «che gli sfugge», è presente in «Manhattan Out», 1980, e nel cortometraggio «New York, N.Y.», 1986. Dopo la serie luminosa e colorata di «La France» (2004-2010) e quella, in bianco e nero, di «Rural», 1990-2018, ecco «San Clemente», 1977-81, la serie (e il film) dove, stimolato da Franco Basaglia, testimonia la vita disumana dei pazienti ricoverati nell’ospedale psichiatrico di quell’isola veneziana e in altri, poco prima che la Legge 180 chiudesse quei luoghi di tortura.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Ada Masoero