Il valore di un’opera è sempre arbitrario

Fissata al 18 gennaio l’esecuzione immobiliare per stabilire quanto vale l’affresco del Guercino che decora Villa Ludovisi, che è in ogni caso un unicum e il prezzo lo stabilisce l’acquirente

L’Aurora del Guercino (1621) all’interno del Casino Ludovisi
Fabrizio Lemme |

I Ludovisi appartengono all’alta nobiltà della città di Bologna, nella quale essi assunsero importanti cariche pubbliche fin dall’autunno del Medioevo. Da Pompeo Ludovisi, nel 1554, nasce Alessandro, destinato a imprimere alle fortune del casato una notevole impennata: come diceva scherzosamente Giuseppe Gioacchino Belli, l’ascesa al papato non soltanto accresceva il prestigio familiare ma anche assicurava «la pacchia a li parenti» (sonetto «Pio Ottavo», verso 8). E Alessandro Ludovisi non si sottrasse a questa regola aurea: il 9 febbraio del 1621, dopo la morte di Paolo V Borghese, il conclave lo elesse papa e prese il nome di Gregorio XV, 234mo pontefice della Chiesa cattolica apostolica romana.

Nonostante il suo breve pontificato (poco più di due anni dopo, l’8 luglio 1623, il papa venne a morte e gli successe Urbano VIII, al secolo Maffeo Barberini), Gregorio XV fece in tempo a nominare cardinale il nipote Ludovico; a favorire il nipote Niccolò, che si era inserito nello «scacchiere spagnolo» ed ebbe quindi un ruolo primario nel Vice Regno di Napoli, legato alla corona iberica; ad acquistare dai Colonna, nel 1622, per ben un milione di ducati, i feudi di Zagarolo, Gallicano, Colonna: quindi, altro che «pacchia a li parenti»!

Come sempre (e questo è certamente un lato positivo) la ricchezza familiare si accompagnò al mecenatismo: due tra i maggiori poeti dell’età barocca, Giovanni Battista Marino (autore de «L’Adone») e Alessandro Tassoni (autore de «La Secchia rapita»), furono tra i protetti del cardinale Ludovico Ludovisi, divenuto nel frattempo arcivescovo di Bologna. Le fortune della famiglia proseguirono anche oltre la morte del pontefice e si tradussero nel principato di Piombino e nella fusione della casata, estinta la discendenza in linea maschile, con i Boncompagni, attraverso il matrimonio dell’ultima sua rappresentante, la principessa Ippolita Ludovisi, sposatasi nel 1681 con Gregorio II Boncompagni.

Ritornando al cardinale Ludovico Ludovisi, questi acquistò nel 1622 in Roma la Villa Orsini, ampliandola con altre proprietà adiacenti. Ne risultò un parco di 30 ettari tra Porta Pinciana, Porta Salaria e il convento di Sant’Isidoro, i cui edifici furono progettati dal Domenichino e i giardini dall’architetto di Versailles, André Le Nôtre. Purtroppo, nel 1886 intervenne una Convenzione tra la proprietà e il comune di Roma, in virtù della quale il parco veniva lottizzato con la realizzazione di un nuovo quartiere, denominato «Quartiere Ludovisi»: con Roma capitale del Regno d’Italia iniziava quella speculazione immobiliare, che negli ultimi decenni ne ha fatto scempio.

Come se non bastasse, Ludovico Ludovisi volle emulare uno dei monumenti più significativi del Barocco romano, il Casino di Villa Pallavicini, nel quale Guido Reni aveva inserito il suo capolavoro, una straordinaria «Allegoria dell’Aurora» (1613-14). Pertanto, commissionò al Guercino, emulo e antagonista di Guido, di eseguire un’altra «Aurora», che ne avesse oscurato la fama. È un conflitto di giganti: quale delle due «Aurore» è la più bella? Quella di Guido è, a mio avviso, insuperata e insuperabile: la sua compostezza classica, la sua raffinatezza cromatica, il suo rigore disegnativo ne fanno il più alto monumento della Roma barocca. Ma quella del Guercino non è certamente spregevole!

E di essa ora si parla con insistenza nel mondo romano, vista l’esecuzione immobiliare, fissata al 18 gennaio 2022, che ha ad oggetto proprio la villa Ludovisi, con la sua decorazione. E ci si chiede, al riguardo, quale sia il giusto apprezzamento per l’affresco che l’abbellisce e che è opera del Guercino maturo. In altri termini, quanto vale il dipinto di Guercino?

Alessandro Zuccari, notevolissimo storico dell’arte, ha avuto dal Tribunale l’incarico di stimarla e ha formulato una valutazione: 310,8 milioni di euro per l’affresco, 471 milioni di euro complessivi per l’immobile. Non conosco la perizia dell’amico Alessandro ma ciò non mi impedisce di esporre alcune osservazioni. L’opera costituisce un unicum e pertanto non esistono termini di paragone che consentano di indicarne il prezzo: e io in tal senso mi sono espresso con l’amico Pietro Di Loreto, rispondendo a un quesito per la sua prestigiosa rivista online.

Rammento che circa una ventina di anni orsono la villa era sul mercato immobiliare e un illustre giurista, Carlo Taormina, che seguiva l’operazione, chiese a Giulio Carlo Argan quale doveva essere il valore dell’affresco. Ma questi, coerentemente con le sue idee (il valore di un’opera d’arte è sempre totalmente arbitrario), dichiarò di non potersi pronunziare al riguardo: qualunque indicazione sarebbe stata un arbitrio. Anche oggi, in epoca di totale mercificazione (ogni cosa ha un prezzo e si traduce in segni monetari), io risponderei con una classica frase dovuta a quel geniale operatore e protagonista nel mondo dei beni culturali che è stato Antonio Paolucci: il prezzo di un’opera d’arte è costituito dalla cifra che l’acquirente intende apporre all’assegno rilasciato per l’acquisto.

E l’acquirente, val la pena di chiarire la cosa al riguardo, può essere non solo un italiano, ma anche un soggetto straniero, che intenda con un acquisto prestigioso nobilitare la sua presenza nella città eterna e quindi accrescere la propria immagine. Ovviamente, il contratto di compravendita sarà soggetto alla condizione sospensiva negativa del mancato esercizio del diritto di prelazione (art. 56/1, lett. b) e 60 Decreto legislativo 42/04): lo Stato, nella sua globalità (Amministrazione Centrale dei Beni Culturali, Regioni, Province e Comuni) può, nel termine perentorio di giorni 60 dalla notizia dell’acquisto, esercitare la sua potestà ablativa, pagando al venditore la stessa cifra che gli era stata offerta dall’aspirante acquirente. Nel caso il diritto di prelazione non sia esercitato, la vendita acquista piena validità tra le parti e deve essere puntualmente eseguita. Ma il godimento della cosa da parte del nuovo acquirente non è certamente illimitato.

Esistono oggi delle tecniche sofisticate che permettono, in maniera totalmente indolore, di staccare dalle pareti un affresco e di renderlo una cosa mobile. Nel caso della Villa Ludovisi, il distacco dell’affresco sarebbe assolutamente vietato e sanzionato penalmente (art. 169/1 lett. b) Decreto legislativo 42/04), sia pure con la modesta pena da sei mesi a un anno di arresto e dell’ammenda da € 775,00 a € 38.734,50. La decorazione muraria è dunque inamovibile, con la conseguenza che solo il prestigio che ne deriva possa muovere un soggetto all’acquisto. Ancora una volta, «carmina non dant panem»! Ma, per la documentazione della nostra civiltà, è sacrosanto sia così!

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