Elogio dello sfocato di Ludwig Wittgenstein

Il Leopold Museum affronta per la prima volta l'attività di fotografo e di collezionista di immagini dello studioso, che si legava spesso alle sue riflessioni logico-filosofiche

Ludwig Wittgenstein nel 1928-29, fotografato da Moritz Nähr
Flavia Foradini |  | Vienna

Ludwig Wittgenstein (Vienna, 1889 – Cambridge, 1951) è passato alla Storia come uno dei più grandi filosofi del secolo scorso. Poco si sa invece della sua attività di fotografo e di collezionista di immagini. A settant’anni dalla morte, con la mostra «Ludwig Wittgenstein. La Fotografia come prassi analitica», aperta fino al 6 marzo, il Leopold Museum affronta per la prima volta questo tema solo in apparenza secondario, visto che si legava spesso alle riflessioni logico-filosofiche dello studioso.

I materiali presentati provengono da un gran numero di istituzioni austriache e straniere, fra cui il Wittgenstein Archive di Cambridge, e sono in parte inediti, o parzialmente inclusi in mostre precedenti, come gli album degli anni ’30, gli autoritratti inscenati, e ancora le serie fotografiche di luoghi e persone, con cui metodicamente analizzava e «protocollava» la realtà, talvolta modellandola in modo personale con le forbici, intervenendo sulle immagini per renderle più pregnanti: «È sempre possibile sostituire un’immagine sfocata con una nitida? Non è forse spesso proprio ciò che è sfocato, quello che ci serve?».

Sullo sfondo della mostra scorre da un lato la vita dell’agiata famiglia Wittgenstein, che amava commissionare fotografie ai maggiori artisti del tempo, dall’Atelier Adèle all’Atelier d’Ora, da Moritz Nähr a Ferdinand Schmutzer, a Johann Victor Krämer; e dall’altro si materializzano le riflessioni del filosofo sulla fotografia come mezzo espressivo, che costellano la sua vita. Ispirandosi a Gotthold Ephraim Lessing, Wittgenstein vagheggiava anche di scrivere un trattato: una sorta di «Laocoonte per fotografi», come annunciò nel 1938 in una lettera all’amico Ludwig Hänsel.

La mostra curata da Verena Gamper e Gregor Schmoll è corredata inoltre da una selezione di opere di cinquanta artisti e fotografi contemporanei, fra cui Andy Warhol, Vito Acconci, John Baldessari, Sherrie Levine, Ólafur Eliasson, Gerhard Richter.

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