Nel punto più alto di Tiro il primo tempio romano

Nell’antica capitale dei Fenici in Libano, sempre abitata dal 3.000 a.C., una missione internazionale scava dal 1997

Ali Badawi, responsabile delle Antichità del Libano, con l’archeologo Francisco J. Núñez Vista sul dromos e sul marciapiede porticato che porta al tempio © Foto F.J. Núñez - PCMA UW La città di Tiro e i suoi monumenti visti dal satellite: Parco archeologico di al-Bass (1), necropoli dell’Età del Ferro (2), Torre di Hiram (3), Parco archeologico della Basilica (4), Cattedrale dei crociati (5), settore del progetto (6). Veduta dall’alto dello scavo e vista sul dromos e sul marciapiede porticato che porta al tempio © Google Earth photo Una colonna di granito rosa che adornava il tempio di epoca romana, trovato adagiato sui lastroni del dromos, sovrapposto ad un muro di epoca ottomana © U. Wicenciak-Núñez/ PCMA UW
Roberta Bosco |  | Tiro

«La possibilità di scavare in questo sito è un sogno, ma anche un impegno con la città e i suoi abitanti. Questo tempio è l’embrione di un parco archeologico che in questo momento, con la crisi che sta vivendo il Libano, è un’opportunità per avviare un’attività economica a lungo termine e contribuire alla ripresa del Paese». Lo afferma dalla Polonia Francisco J. Núñez, direttore del Centro Polacco di Archeologia Mediterranea dell’Università di Varsavia. Con María Eugenia Aubet, cattedratica dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona e Ali Badawi, responsabile delle Antichità del Libano, Núñez dirige gli scavi che hanno portato alla luce il primo tempio di epoca romana ritrovato nella città di Tiro, l’antica capitale del regno dei Fenici, 88 km a sud di Beirut.

La missione internazionale, che coinvolge anche studiosi italiani, portoghesi, francesi e greci, è la più antica in attivo nel Libano. «Lavoriamo a Tiro dal 1997, quando iniziammo a scavare una necropoli dell’Età del Ferro. Già dal 2018 avevamo sospetti fondati della presenza di un complesso dedicato al culto nell’antica isola, che finalmente abbiamo riportato alla luce», spiega Núñez, sottolineando che «dal punto di vista archeologico, i quasi cinque millenni di occupazione ininterrotta fanno di Tiro un oggetto di studio affascinante, ma particolarmente complicato a causa dei resti architettonici sovrapposti, delle catastrofi naturali, della guerra civile, dell’innalzamento del livello del mare e dei saccheggi di una zona che per secoli fu la cava di tutta la regione».

E aggiunge: «Avevamo identificato i resti della facciata grazie a una sezione che mostrava le fondamenta dell’entrata e il podio, ma abbiamo avuto la certezza solo dopo il ritrovamento di due colonne originali di granito rosa, alte 8 metri, ognuna delle quali coronata da un capitello corinzio», racconta l’archeologo. L’importanza del tempio s’intuisce già dall’ubicazione nel punto più alto dell’antica città, da dove si poteva vedere tutta l’isola. Dalle immagini scattate dai droni si evince che l’edificio aveva una pianta rettangolare con un orientamento est-ovest. I muri furono costruiti con blocchi di arenaria su una piattaforma di pietra calcarea e arenaria.

«Abbiamo anche individuato il muro di contenimento che raggiunge la roccia a 5 metri di profondità e il dromos, un accesso porticato. Inoltre, i resti delle terrazze che circondavano il tempio fino al Medioevo ci hanno permesso di identificare l’organizzazione urbana della zona», continua Núñez, aggiungendo che si riconoscono i livelli dell’Età del Bronzo e del Ferro. Insieme al tempio gli scavi hanno riportato alla luce anche una piccola cappella a 75 metri dall’edificio principale e una misteriosa camera sotterranea.

«Potrebbe sembrare una tomba, ma le sepolture normalmente fiancheggiavano le vie d’accesso alla città, quindi probabilmente era il luogo dove si conservavano gli archivi e il tesoro del tempio», ipotizza il professore, ammettendo che non si sa ancora a quale divinità fosse dedicato. Di certo la zona ebbe sempre un carattere sacro: sopra il tempio romano, nel VII secolo fu costruita una moschea e successivamente la cattedrale dei crociati, dove si crede fosse sepolto Federico Barbarossa.

«In epoca bizantina il tempio fu smontato pezzo per pezzo per costruire la basilica cristiana che a sua volta fu distrutta da uno tsunami. Nel Medioevo l’area fu abbandonata e la natura prese il sopravvento trasformandola in una zona di rovine e di dune di origine eolica. Oggi accoglie il cimitero musulmano». Durante l’inverno si studieranno i reperti, resti in ceramica e varie iscrizioni, tra cui una fenicia, due molto interessanti di epoca ellenistica e due romane votive, che forse potranno aiutare a capire a chi fosse dedicato il tempio.

Alla fine della prossima primavera ricominceranno gli scavi. «Dobbiamo identificare tutte le fasi dell’edificio, realizzare ulteriori esami dell’area circostante e del secondo monumento, consolidare la zona e prepararla per l’apertura al pubblico», afferma l’archeologo. Il sito si sommerebbe così ai due principali siti archeologici di Tiro: la necropoli di al-Bass, con un arco trionfale, un acquedotto e il secondo ippodromo più grande e meglio conservato al mondo, e quello di Tiro città con mosaici, strade lastricate di marmo, colonnati, bagni pubblici, una palestra e un’arena rettangolare unica nel suo genere.

© Riproduzione riservata Veduta dall’alto dello scavo e vista sul dromos e sul marciapiede porticato che porta al tempio © Foto M. Mackiewicz - PCMA UW
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