Diario da Artissima | Giorno 4

Tra le unicità di Artissima c’è la proprietà pubblica del suo marchio. Si deve a questo il grande impatto culturale della fiera torinese, che costituisce un piccolo ma significativo spaccato dell’intera filiera del sistema dell’arte

Giuliana Rosso, «Finché quel che fantastichiamo è stato», 2020, Galleria Veda
Jenny Dogliani |  | Torino

Tra le unicità di Artissima c’è la proprietà pubblica del suo marchio. Si deve a questo il grande impatto culturale della fiera torinese, che costituisce un piccolo ma significativo spaccato dell’intera filiera del sistema dell’arte

Il percorso ideale di un’opera d’arte contemporanea inizia nello studio dell’artista e si conclude nella sala del museo, passando, idealmente, attraverso gallerie, fiere, biennali, premi, collezionisti, mostre e qualche volta anche case d’asta.

Artissima: tre sezioni curate; 10 Premi, che si traducono in acquisizioni, vincite in denaro, mostre o residenze; numerosi progetti speciali, tra cui mostre diffuse nei musei torinesi («Hub India»), che permettono inoltre di fruire opere al di fuori dello stand; collaborazioni con realtà industriali come Jaguar e Illy; un’importante campagna di acquisizioni in fiera della Fondazione Crt per il Castello di Rivoli e la Gam; più mostre e commissioni nate dall’incontro degli artisti presenti negli stand con i curatori e direttori di musei invitati a visitare la fiera o a fare parte delle giurie.

È un piccolo ed efficientissimo spaccato dell’intero sistema dell’arte contemporanea, una caratteristica che contribuisce alla riuscita collocazione di Artissima in un’epoca di «fair fatigue», unitamente anche all’identità di ricerca e di avanguardia degli artisti proposti da gallerie perlopiù medie (per fatturato, non per qualità), che faticano a trovare spazio nei grandi colossi fieristici internazionali, e che qui portano un gradito seguito di giovani collezionisti.

Attraverso queste scelte e con una netta predominanza di opere recenti, datate dal 2017 a oggi, la fiera dà conto delle nuove tendenze di temi, media, stili, linguaggi e anche di mercato (vedi NFT Award), contribuendo a costruire, in linea con il tema della fiera «Controtempo», quello che oggi è il nostro presente, ma che domani sarà il nostro passato: «il passato del futuro», come lo ha definito la direttrice del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev presentando, insieme al direttore della Gam Riccardo Passoni, le dodici opere di sette artisti comprate ad Artissima dalla Fondazione Crt per l’Arte Moderna e Contemporanea.

«Il passato nel futuro di Torino riguarderà anche la grande stagione dell’Arte povera. Grazie alla Fondazione Crt, negli anni abbiamo potuto approfondire ad Artissima le acquisizioni degli artisti di questo noto movimento, per esempio con un’opera di Giuseppe Penone comprata nel 2018. È fondamentale raccontare ai posteri che cosa faceva Penone nel 1967 e che cosa nel 2018», afferma Christov-Bakargiev.

Per questo ad Artissima si trovano, nella giusta quantità, opere recenti di stagioni come l’Arte povera (vedi Lia Rumma e De Foscherari) e la Transavanguardia (vedi Mazzoli), che hanno a Torino un punto di riferimento internazionale riconosciuto e ricercato dai collezionisti: l’Arte povera per la sua storia, la Transavanguardia, seppur in misura minore, per i musei e le gallerie che qui la rappresentano (Castello di Rivoli e Giorgio Persano, per citarne un paio).

Caratteristico dell’Arte povera è il linguaggio legato alla fenomenologia della materia, «cui guardano molti giovani artisti presenti negli stand della fiera», aggiunge Passoni. Per esempio l’allieva di Gilberto Zorio, Micol Assaël, la cui opera «意見 Iken (opinion)» (2020), installazione realizzata con materiali quotidiani di recupero e incentrata sulla stasi dell’energia, ha lasciato lo stand di Sprovieri (Londra) per il Castello di Rivoli insieme ad «Untitled» (Galleria P420, Bologna) di Francis Offman, pseudonimo omaggio a Hans Offman, dell’artista ruandese classe 1987; la sua è una nuova tipologia di pittura astratta realizzata su tela di cotone con fondi di caffè, che attraverso la manipolazione e la scelta della materia tocca anche irrisolti aspetti economici e sociali del mondo globalizzato.

Artissima dà anche spazio alla scena locale emergente e i due musei l’hanno captata individuando ciascuno un talento per le proprie collezioni. Carolyn Christov-Bakargiev ha puntato su Giuliana Rosso, nata a Chivasso (To) nel 1992 e allieva dell’Accademia Albertina, che ha definito l’erede di Giacomo Balla: sua l’installazione più disegno intitolata «Finché quel che fantastichiamo è stato» (2020), della Galleria Veda (Firenze). Riccardo Passoni ha invece scelto per la Gam «Parappapparaparapappappara (113C 3 HAG N10) #3», opera del 2021 di Davide Sgambaro, nato a Cittadella (Pd) nel 1989 e attivo a Torino. L’opera astratta realizzata con tracce di colore lasciate casualmente su un lenzuolo bianco sputando degli m&m’s era proposta dalla Galleria Alberta Pane (Venezia, Parigi).

Un omaggio a Torino, che da solo meriterebbe la visita alla fiera, è infine la mostra allestita all’Oval con una selezione di opere della Collezione Intesa Sanpaolo curata da Luca Massimo Barbero. Lavori di Giulio Paolini, Alighiero Boetti, Luciano Fabro e Jannis Kounellis, tra i massimi esponenti dell’Arte povera, in dialogo con un cretto bianco di Alberto Burri, una grande tela di Gerhard Richter e lavori di Carla Accardi, Jasper Johns e Pino Pascali.
Quindi, se la cultura è un valore aggiunto per la fiera, non pensiate però che l’aspetto commerciale debba per forza essere un disvalore per l’estetica dell’arte, in fondo anche la nobilissima istituzione della Biennale di Venezia è nata nel 1895 come mostra mercato, con un ufficio vendite (che si tratteneva una commissione del 10% sui pezzi venduti) attivo fino al 1972.

Speciale Artissima 2021

© Riproduzione riservata La presentazione della Collezione Intesa Sanpaolo all’Oval del Lingotto Francis Offman, «Untitled», 2021, Galleria P420 Micol Assäel, «意⾒ Iken (opinion)», 2020, Galleria Sprovieri
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