I conflitti politici del Brasile alla Biennale di San Paolo

La trentaquattresima edizione della seconda più duratura esposizione internazionale riflette le tensioni sociopolitiche passate e future del Paese

«Untitled (series Candomblé do Pai Cosme)» (1950) di Pierre Verger. Cortesia della Fondazione Pierre Verger
Gabriella Angeleti |  | San Paolo

La trentaquattresima edizione della Biennale di San Paolo è intitolata «Faz escuro, mais eu canto (è buio, ma io canto)» da un verso della poesia «Madrugada Camponesa» (1962) di Thiago de Mello, nel quale il poeta brasiliano cercava di ispirare ottimismo e perseveranza negli anni divisivi della dittatura militare in Brasile. Il tema è quantomai attuale: l’evento si apre sulla scia del crescente conflitto ideologico che divide il Paese tra sostenitori e oppositori del presidente conservatore Jair Bolsonaro, che ha portato a violenti scontri fra partiti politici in varie città brasiliane lo scorso 7 settembre, durante le celebrazioni dell’indipendenza brasiliana.

Ci sono ricorrenti rimandi alle tensioni sociopolitiche attuali e passate in tutto l’evento, che ospita più di novanta artisti e mille opere d’arte. L’esposizione principale è allestita fino al 5 dicembre nel Padiglione Ciccillo Matarazzo, all’interno del parco Ibirapuera, dove la biennale ha luogo sin dalla sua quarta edizione nel 1957, con mostre satellite in altre 25 istituzioni.

I visitatori trovano, appena entrati nel padiglione, un video dell’ente per il turismo di San Paolo diretto dal segretario alla cultura Mário Frias, un ex-attore di telenovelas nominato l’anno scorso dal presidente Bolsonaro. Vi è poi un meteorite rinvenuto tra le macerie del Museu Nacional di Rio de Janeiro, uno dei pochi reperti sopravvissuti all’incendio che ha distrutto il museo già gravemente sprovvisto di fondi. La giustapposizione involontaria tra l’oggetto storico e il governo Bolsonaro, che ha drasticamente tagliato i fondi per le arti, evidenzia lo stato desolante del settore culturale brasiliano, mandando al contempo un messaggio di resilienza.

Stabilire dei parallelismi tra passato e presente è il punto focale dell’approccio curatoriale secondo quanto afferma Jacopo Crivelli Visconti, che cura la biennale con Paulo Miyada, Francesco Stocchi e Ruth Estévez.

In un’installazione realizzata per l’evento, il fotografo brasiliano Mauro Restiffe mette a confronto una serie di immagini dell’insediamento di Bolsonaro con altre dell’insediamento nel 2003 del popolarissimo ex-presidente di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva (successivamente arrestato per corruzione e poi scagionato) che erano state esposte nell’edizione del 2006 della biennale. Accostando fotografie sorprendentemente simili Restiffe sottolinea quanto poco siano cambiate le cose nel susseguirsi di due politici profondamente diversi. L’opera di Andrea Fraser «Reporting Live from São Paulo, I’m from the United States» (1998), una videoperformance in cui l’artista finge di essere una giornalista che si occupa della ventiquattresima edizione della Biennale di San Paolo per TV Cultura, ragiona sugli effetti a lungo termine della crisi economica e sulle sue ripercussioni sulla produzione culturale nel Paese.

Tra i tanti lavori che meritano una segnalazione figurano «Barril, Presunto» e «A Carga», entrambi realizzati nel 1969 dall’artista brasiliana Carmela Gross ed esposti nello stesso anno alla decima edizione della Biennale di San Paolo. Questa edizione passò alla storia come «La Biennale Boicottata» poiché molti artisti rifiutarono di parteciparvi per protesta contro la dittatura militare. Il gruppo di sculture, tutte coperte da tele cerate somiglianti a sudari, allude alla censura e alla violenza istituite dal regime militare del tempo e suggerisce un paragone con alcune misure del Governo attuale per controllare i progetti culturali sostenuti da finanziamenti federali. Nel parco Ibirapuera sono state installate numerose sculture, tra le quali un’opera monolitica di Paulo Nazareth in onore di Marielle Franco, la consigliera municipale e attivista politica uccisa nel 2018.

La biennale propone la sua più estesa presentazione di opere realizzate da artisti indigeni, che coincide con la più grande manifestazione mai condotta dalla popolazione nativa, tenutasi a Brasilia contro l’amministrazione Bolsonaro responsabile di aver ridotto le misure di protezione ambientale della foresta amazzonica e di aver circoscritto le terre appartenenti alle comunità indigene.

Anche le esposizioni satellite supportano le comunità indigene: il Museu de Arte Moderna de São Paulo ospita una mostra antologica sull’arte contemporanea indigena intitolata «Moquém Surarî; Arte Indígena contemporânea» (fino al 28 novembre) che espone opere di più di trenta artisti brasiliani. «Al di fuori del museo c’è un parco, poi una città inquinata e infine Brasilia, dove si trovano persone, senza voler dare del criminale a nessuno, che lavorano con forze contrarie all’armonia», afferma il curatore e artista Jaider Esbell, appartenente al popolo Macuxi. «È importante che un’esposizione d’arte mostri che esistiamo e che la nostra cultura non è qualcosa di finto o di alieno».

La biennale offre anche un importante focus sulle storie afrobrasiliane che, oltre ad essere rappresentate nell’evento principale, sono anche oggetto di una mostra dell’Instituto Tomie Ohtake, una retrospettiva del fotografo e antropologo francese Pierre Verger, che per primo ha documentato la religione Candomblé. Verger scoprì la religione afrobrasiliana al suo arrivo a El Salvador nei tardi anni Quaranta e andò in Benin nel 1953 per farsi iniziare al culto. Per oltre sei decadi raccontò come la religione Candomblé veniva praticata in Brasile e in Africa e scattò quelle che in seguito sarebbero diventate le immagini simbolo di questa religione, contribuendo a legittimare una pratica che ha subito per molto tempo pregiudizi e persecuzione da parte delle chiese evangelica e cattolica in Brasile.

La Biennale di San Paolo, che quest’anno celebra il suo settantesimo anniversario, è la più antica esposizione internazionale ancora esistente dopo la Biennale di Venezia. Questa edizione ha ricevuto un budget maggiore, intorno ai 14 milioni di dollari, che le ha permesso di creare la più ampia esposizione mai realizzata. L’evento si è aperto a scaglioni a causa della pandemia, con l’inaugurazione della mostra introduttiva «Vento» e di altri progetti già a novembre dello scorso anno.

© Riproduzione riservata «Malditas e Desejadas» (2013) di Jaider Esbell. Foto Marcio Lavor Cortesia. Cortesia dell'archivio della Galeria Jaider Esbell de Arte Indígena Contemporânea «Empossamento revistado #14» (2003) di Mauro Restiffe. Cortesia dell'artista Meteorite di Santa Lucia (trovato nel 1921 a Goiás, Brazil) nella collezione del Museu Nacional / Universidade Federal do Rio de Janeiro, con «Boca do Inferno» (2020) di Carmela Gross. Foto Gabriella Angeleti
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