Asta Macklowe: ma il XX secolo piace ancora?

Viene battuta il 15 novembre una delle collezioni più costose della storia. A contendersela non sono stati solo Lina e Harry Macklowe, ma anche Christie's e Sotheby's a colpi di garanzie

«Untitled» (2007) di Cy Twombly © Sotheby’s
Bruno Muheim |

L’asta Macklowe, la cui prima parte si terrà da Sotheby’s a New York il 15 novembre, è sicuramente l’asta più preannunciata della storia dell’arte.

Nel giugno del 2016 Harry Macklowe aveva comunicato la sua volontà di divorziare dalla moglie Lina dopo 57 anni di matrimonio. Già all’epoca si parlava di un divorzio sanguinoso tra un palazzinaro un filo esibizionista, che per becera presunzione installa un ritratto suo e della sua nuova fiamma di oltre 100 metri quadrati sul palazzo di fronte a casa sua, e una donna ferita e arrabbiatissima che era stata la vera ideatrice della collezione e che farà certamente pagare al futuro ex marito il più alto prezzo possibile. Già all’epoca si parlava di una stima globale di un miliardo di dollari. Già all’epoca Christie’s, Sotheby’s e i più grandi mercanti avrebbero fatto di tutto per accaparrarsi le loro opere.

Non vogliamo entrare nel merito né della dinamica dell’attribuzione a Sotheby’s da parte del giudice divorzista né del contenuto del catalogo. Ci limitiamo a ricordare alcuni elementi di riflessione. Anzitutto quest’asta sarà il primo super test post Covid-19. Nessuno autentico capolavoro è stato venduto durante la pandemia perché i proprietari di un’opera d’arte che valga oltre cento milioni di euro possono tranquillamente aspettare tempi migliori per monetizzare patrimoni per pagare l’affitto…

Questa vendita consentirà anche di capire qual è lo stato effettivo del mercato per i capolavori del XX secolo. Ultimamente i prezzi importanti sono stati pagati principalmente per l’arte strettamente contemporanea. Da secoli una certa arte contemporanea è sempre stata pagata prezzi folli: accadeva per Van Dyck e Rubens, ma anche per Bouguereau e Rosa Bonheur; alcuni resistono altri tramontano. Giacometti e Rothko sono i massimi geni di più di 50 anni fa, ma un giovane miliardario della new economy non li troverà espressione di un vecchio mondo museale obsoleto e non preferirà l’ennesimo Jeff Koons? Vedremo se si raggiungeranno nuovi livelli o se si riallineeranno ai prezzi pre pandemia. Quella di Sotheby’s è una scommessa.

Patrick Drahi, il nuovo proprietario di Sotheby’s, ha l’anima del giocatore da poker: ha comprato la casa d’aste a un prezzo folle nel 2019, ossia il 60% più caro del prezzo delle azioni quotate in borsa a New York lo stesso giorno. Alla domanda perché comprasse a un prezzo così importante, la sua risposta lasciò stupiti tutti quando spiegò che il denaro non era il suo, ma quello della sua banca. La scelta finale di Sotheby’s come casa d’asta aggiudicatrice della vendita Macklowe è sicuramente dovuta alle migliori condizioni finanziare offerte. È evidente che nessuna commissione di vendita sarà richiesta e che il costo faraonico del marketing sarà totalmente a carico di Sotheby’s, ma che cosa succederà alla commissione pagata dall’acquirente?

Immaginiamo, per esempio, che il Giacometti venga venduto per 100 milioni: normalmente tra acquirente e compratore si pagherebbe un totale di oltre 20 milioni di commissioni, ma in questo caso entra in gioco la famosa garanzia di prezzo offerta dalla casa d’aste al venditore. Nel nostro caso Sotheby’s ha promesso 120 milioni di garanzia, quindi la casa d’asta non incasserebbe un dollaro. Nel caso la garanzia fosse di 150 milioni, ne perderebbe quasi 30. L’asta Taubmann nel 2015 ha quasi portato Sotheby’s al fallimento per le garanzie troppe generose offerte nientemeno che agli eredi del proprietario della casa d’aste stessa... Una cosa è certa: se Christie’s non ha voluto offrire di più, la garanzia deve essere altissima e sopra le stime minime pubblicate.

L’analisi della proprietà delle due case d’asta ci dà anche un elemento di risposta. Christie’s è di proprietà della famiglia Pinault, ossia industriali padroni di un impero stimato più di 50 miliardi e appartenenti a una realtà tradizionale, quindi propensi a correre certi rischi ma non a far saltare il banco. Drahi, invece, è più un uomo di finanza, ha sempre lavorato con il denaro delle banche ed è pronto ad assumersi il rischio massimo. Era anche fondamentale per il mondo delle case d’asta che fosse Christie’s o Sotheby’s a essere scelta dal giudice, essendo i due coniugi Macklowe incapaci di mettersi d’accordo.

Non dimentichiamo il trauma del febbraio 2020 quando un consorzio di mercanti (Gagosian, Acquavella e Pace) era stato incaricato di occuparsi della vendita
della collezione Marron per più di 450 milioni di dollari. Per la prima volta una mega collezione veniva venduta direttamente da mercanti e non più da una casa d’aste. Il mese dopo scoppiava la pandemia e il mercato si fermava fino all’annuncio della vendita della collezione Macklowe.

Presumo che dopo questa storia di odio e di crudeltà avrete bisogno di un messaggio di speranza e umanità. Se è così, Stephen ed Elaine Wynn sono le persone adatte a voi: si sono sposati e risposati, e al secondo divorzio hanno diviso in due il loro impero di Las Vegas e anche una sontuosa collezione di opere d’arte che spazia da Vermeer a Picasso. Alla domanda sui motivi di tanta serenità, la risposta di Elaine fu estremamente chiara: suo marito e lei, non avendo gli stessi gusti, si erano divisi la collezione con grande tranquillità senza litigare... Ancora una volta le 3D (Death, Divorce e Debts) sono la base del mercato dell’arte.

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© Riproduzione riservata «No. 7» (1951) di Mark Rothko © Sotheby’s
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