Non solo rosa

Alla Fondation Beyeler di Basilea nove artiste che hanno scelto la pittura

Marlene Dumas, «Teeth», 2018 (particolare) © Marlene Dumas. Courtesy the Artist and David Zwirner. Foto Kerry McFate
Luana De Micco |  | Basilea

L’arte al femminile è stata al centro di numerose mostre quest’anno, da «Elles font l’Abstration» del Centre Pompidou di Parigi, lettura al femminile della storia dell’Arte Astratta, a «Le Signore dell’arte» del Palazzo Reale di Milano, dedicata alle grandi artiste del ’500-600. Ora la Fondation Beyeler propone «Close-Up» (19 settembre-2 gennaio), rassegna in cui la storia dell’arte moderna, dal 1870 a oggi, è letta attraverso l’opera di nove artiste indispensabili, che hanno saputo imporsi in un mondo essenzialmente maschile.

Sono: Berthe Morisot, Mary Cassatt, Paula Modersohn-Becker, Lotte Laserstein, Frida Kahlo, Alice Neel, Marlene Dumas, Cindy Sherman ed Elizabeth Peyton. Tutte sono accomunate dalla predilezione per la figura umana, ritratto e autoritratto, che fa da filo rosso alla mostra. La data del 1870 è stata scelta perché, spiega il museo, è il momento in cui le artiste cominciarono a essere considerate delle professioniste a tutti gli effetti.

La francese Berthe Morisot (1841-95) dovette rinunciare a frequentare l’Accademia perché nella Parigi della seconda metà dell’800 alle donne non era consentito iscriversi. Ma, come Mary Cassatt (1844-1926), americana a Parigi, fu tra le prime a vivere di pittura e oggi le due colleghe sono considerate figure centrali dell’Impressionismo. Lotte Laserstein (1898-1993) potè invece studiare arte e aprì la sua scuola a Berlino.

Si rappresentò spesso al lavoro, camicia bianca e cavalletto. Paula Modersohn-Becker (1876-1907), tedesca anche lei, vicina a Picasso e a Van Gogh, morì di parto giovanissima. È una delle principali esponenti del primo Espressionismo. La messicana Frida Kahlo (1907-54), icona dell’arte, realizzò toccanti, celebri, autoritratti.

La statunitense Alice Neel (1900-84), simbolo della Feminist art, espose al Whitney nel 1974 i suoi corpi di donne nudi e deformati. Marlene Dumas (nata nel 1953 in Sudafrica), esplora dagli anni ’80 la figura umana; i suoi sono corpi e volti umiliati, malati, violentati. Cindy Sherman (1954), fotografa statunitense, è nota per i self-portrait concettuali che interrogano gli stereotipi sulla donna. Di Elizabeth Peyton (Stati Uniti, 1965) sono infine i noti ritratti stilizzati di rock star, reali e celebrità del passato, come Napoleone e Maria Antonietta.

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