Quel Rosso si tinge di giallo

Un disegno manierista al centro di un possibile intrigo internazionale dimostra perché le aste pubbliche tradizionali sono garanzia di trasparenza

«Francesco I in adorazione della Vergine e il Bambino», attribuito a Rosso Fiorentino (particolare)
Mattia Jona |

Il mercato italiano delle vendite online di beni artistici è sempre più frequentato da nuovi attori, consapevoli delle possibilità aperte sia dal web sia dal parziale abbandono dell'Italia da parte di Christie's e Sotheby’s. Ma certamente la pandemia ha spinto moltissimi collezionisti a usare gli strumenti della rete per vendere e acquistare e ha costretto le casa d'asta a utilizzare quasi esclusivamente questi strumenti, e in un periodo in cui c'è stato un flusso enorme di beni da alienare.

Il risultato è che, perlomeno nei settori che io seguo, disegni e stampe, che necessitano di una conoscenza specializzata, sempre più spesso le opere vengono offerte con schedature sommarie e lacunose. Ad esempio, recentemente è stato venduto come anonimo un ritratto disegnato da Hans Bellmer, debitamente firmato e datato, e lo scorso anno io ho potuto acquistare un disegno a carboncino di Boldini, pubblicato nel catalogo di Bianca Doria, presentato in asta a Genova come acquaforte.

In verità talvolta questo può succedere per ingolosire i clienti, dal momento che è noto che la presunzione di aver fatto una scoperta entusiasma il partecipante a una vendita all'incanto, ma di certo di questi tempi spesso accade per la fretta di dover schedare molto materiale resosi disponibile per la vendita.

Un caso interessante, con sviluppi da intrigo internazionale, è quello capitato alla Capitolium di Brescia. Alla fine di maggio mi viene segnalata una loro vendita, esclusivamente dedicata ai disegni. Da loro avevo acquistato in passato qualche bella incisione dell’Ottocento italiano, dunque cerco sul web l'asta 327, «Disegni da una collezione torinese e altre committenze», annunciata per il 17 e 18 giugno, ma già con i fogli presentati online. Presentati assai bene, con riproduzioni ad alta risoluzione, quando necessario anche del verso.

Dunque «sfoglio» il catalogo, passando immediatamente da un lotto all'altro. All’inizio mi annoio piuttosto, anche se mi diverte rivedere un elegante disegno neoclassico, che ha dormito per anni, inesorabilmente anonimo, nel mio stock, presentato come Felice Giani. Poi ho uno shock, come se, sfogliando un catalogo di gattini da adottare, mi si fosse presentata davanti una tigre del Bengala. Mi compare uno dei disegni più belli visti nella mia vita.

Meglio: uno di quelli la cui vista mi ha emozionato di più, perché ho un debole per il Manierismo, e il disegno era un capolavoro del Manierismo, per qualità dell’invenzione e dell’esecuzione, ma anche per la straordinaria conservazione; più emozionante per me della pur sublime testa d’orso di Leonardo passata in asta in questi giorni.

Il foglio era descritto con un'attribuzione generica, Scuola di Fontainebleau (XVI-XVII secolo); una descrizione abbastanza precisa del soggetto, «Francesco I di Francia inginocchiato dinanzi alla Madonna in trono»; una descrizione della tecnica decisamente sommaria, tecnica mista. La stima d'asta veramente bizzarra, 800-12.000 euro. Da far pensare a uno zero in più aggiunto per refuso, ma, finché il disegno è stato sul web, la valutazione non è mai stata corretta.

Un disegno di dimensioni significative, 40x30 cm, un modelletto eseguito con un tratto di penna fermo e sottile che disegna i contorni mentre tutti i valori tonali, che accarezzano con la luce le figure, sono ricavati da un uso sapientissimo della biacca e dell’acquarello bruno. Le due figure dei Vizi, attorcigliate in basso a destra, sono meravigliosamente inquietanti.

Di chi è? C’è scritto, in basso a sinistra, Rous. È Giovan Battista di Jacopo di Gasparre, detto il Rosso Fiorentino. Si, vi sono parti in cui la biacca si è un poco ossidata, una leggera traccia di piega orizzontale al centro, ma pensando che il foglio ha 500 anni c'è da stupirsi che sia potuto arrivarci così. Credo che in momenti come questo qualsiasi mercante viva una cieca quanto piacevolmente eccitante tempesta di adrenalina provocata dal rapidissimo proliferare di sogni sull’esito fortunatissimo di un acquisto importante, portatore di fama e denaro.

Ma naturalmente il mestiere impone piedi per terra, dunque la prima domanda è stata: sarà mica una copia? Non sono un esperto della grafica di Rosso Fiorentino, ma per fortuna mi è capitato di aver tra le mani qualche disegno del primo Manierismo tra cui un paio di Cecchin Salviati. Dopo un giorno dal mirabile incontro, avendoci ben dormito sopra, faccio qualche ricerca a mente lucida, su libri e sul web, e decido che il foglio è un originale di Rosso e che certamente anche nelle mie più ottimistiche fantasie in un incanto farà un prezzo molto superiore alle mie capacità.

Di conseguenza segnalo il disegno a un collega che conosco da più di trent'anni e che oggi fondamentalmente è un amico, un amico con le spalle molto più robuste delle mie. Devo metterci un paio di giorni a convincerlo che non si tratta di una copia, poi l'entusiasmo piglia anche lui. Ma nei giorni successivi mi succede una cosa strana, partita da una riflessione a mente fredda. Negli ultimi anni nelle aste specializzate online dedicate alla grafica nulla è mai sfuggito agli occhi che le osservano da tutto il pianeta.

Due esempi tra tanti, da Gonnelli, Firenze. Due aste fa avevano un piccolo disegno di Palma il Giovane, valutato nulla, indicato anonimo, che è stato però aggiudicato a un prezzo più alto di quello a cui io mi sarei sentito di venderlo. Lo stesso nella loro ultima asta: catalogato come anonimo, era presentato un disegno di Giulio Romano preparatorio per Palazzo Te, di cui esiste una versione più finita, certamente successiva, all’Albertina di Vienna.

Ma questa seconda volta mi sono agitato pochissimo e infatti il foglio è stato pagato quanto doveva coi criteri del mercato internazionale. Ho applicato questa riflessione al Rosso. Quanto poteva valere quel disegno sul mercato internazionale? Dal milione di dollari in su. Cifre che mi consigliavano di escludermi da qualsiasi cordata di compratori. Avrei avuto il piacere di avere tra le mani il disegno a Brescia nell’esposizione prevendita e mi sarei goduto la gara online, che certamente sarebbe stata fantasmagorica. Dunque ho perso riservatezza cominciando a parlare del foglio con amici appassionati come me della connoisseurship dei disegni, per condividere con loro il piacere di un foglio come raramente se ne vedono sul mercato.

Con l'avvicinarsi della data della vendita però c'è un primo colpo di scena. Un collega giovane e parecchio attento, uno di quelli con cui avevo parlato del disegno, mi segnala che sul foglio esiste già una ricca bibliografia, tutta visibile online, sul sito del Vassar College, che ha pubblicato sul web tutta l’attività di ricerca svolta da Eugene A. Carroll (1931-2016), professore emerito del college newyorkese, e tra i più ferrati studiosi al mondo di Rosso Fiorentino. Questa la sua schedatura, al 2012, relativa al foglio che avrebbe dovuto passare in asta a Brescia.

Il disegno compare per la prima volta sul mercato nel 1974, in una vendita di Sotheby’s a Firenze, con la piena attribuzione a Rosso. Successivamente se ne occupano, nel 1982 e nel 1989, la studiosa francese Sylvie Beguin che lo considera una copia da Rosso, forse dell’incisore francese René Boyvin; poi nel 1999 lo studioso canadese David Franklin lo pubblica come copia, senza suggerimenti attributivi. E questa è anche l’opinione finale di Carroll. Ma sia io sia l’amico svelto notiamo che i tre studiosi hanno giudicato il disegno sulla base di una fotografia in b/n, verosimilmente fornita da Sotheby’s, i cui esperti sono stati gli unici ad avere il disegno tra le loro mani. 

Ho una grandissima stima di Carroll, un uomo che ha passato la vita a studiare uno degli artisti che amo di più, ma questa volta sia io sia l’amico, anche soltanto guardando la foto ad alta risoluzione e a colori sul sito di Capitolium, dubitiamo della sua opinione. E naturalmente va alle stelle anche il nostro desiderio di averlo tra le mani.

Ma il bello doveva cominciare proprio il 15 giugno, quando io e l'amico che avevo allertato per primo ci siamo recati a Brescia, in tarda mattinata, come avevo preannunciato telefonicamente alla Capitolium il giorno precedente. Chiacchiere amene, viaggiando in una bella giornata di sole, ma quando siamo ormai vicini alla città ricevo un whatsapp da una brillante collega conosciuta proprio in occasione dell'apparizione del disegno. Mi scrive che il foglio è stato ritirato dalla vendita e che Capitolium le ha annullato l'appuntamento che aveva nel pomeriggio.

Inquieti, dopo aver parcheggiato, raggiungiamo il bel palazzo del centro, sede di Capitolium. Un grande salone con un pugno di donne silenziose ai computer. Ci accoglie una giovane impiegata, gentile, ma che evidentemente sa poco o nulla di quanto succede lì. Ad ogni nostra domanda si reca da un invisibile superiore per poterci dare risposta. E naturalmente la prima riguarda il lotto 375. No, non è possibile vederlo, perché la proprietà l'ha ritirato. L'amico ammutolisce, troppo educato per dire quanto vorrebbe; io la metto sul patetico e chiedo alla ragazza se è possibile mostrarcelo comunque, anche se non verrà venduto, dal momento che noi, due vecchi mercanti del settore, siamo venuti apposta da Milano per vederlo. La giovane deve tornare dai superiori per dirci, come temevo, che non è possibile.

Tanto per far sbollire la rabbia chiedo di vedere alcuni dei lotti di disegni. Per quanto gentile, l'impiegata non riesce a trovarli nelle cartelle ammucchiate disordinatamente in una vetrina. Ripieghiamo, sconsolati, e dopo un rapido pranzo torniamo a Milano. Che cosa sarà mai successo? È ovvio o almeno è quanto io e gli altri addetti ai lavori abbiamo pensato. Qualcuno è arrivato prima dell'asta con un sacco di soldi, l'ha acquistato e se l'è portato via.

Cosa assolutamente lecita da parte di Capitolium, anche se penso che, come ritorno di immagine ma pure di denaro, sarebbe stato meglio per la casa d'aste ospitare nelle sue sale la bagarre per il disegno. Nei giorni successivi, e ancora oggi che ne scrivo, c'è stato un proliferare di ipotesi e fantasie con i colleghi di settore su quale sia stato il destino del foglio e in quali mani si trovi ora.

Una di queste fantasie mi ha dato fastidio. Quella che il disegno sia già fuori dall'Italia e dall'Europa, destinato magari a finire nella raccolta di un multi milionario americano, che lo pubblicherà tra dieci anni, quando di Capitolium non si ricorderà nessuno; o magari se lo vorrà portare su Marte. Sono ovviamente liberista per quanto riguarda il mercato dell'arte, ma ben cosciente della necessità di una tutela, per conservare le identità culturali.

Culturali, non strettamente nazionali. E nelle mie sfrenate fantasie, scatenate dall’impossibilità di vedere il disegno di Rosso dal vero, ho pensato che starebbe forse meglio al Louvre, piuttosto che al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi, cui pure sono legato per le tante ore di ricerca che vi ho potuto fare. Ma chissà se ne avremo più notizie.

© Riproduzione riservata Il verso del disegno di Rosso Fiorentino