Attenti, è di nuovo qui
Maurizio Cattelan in Pirelli HangarBicocca con una mostra-installazione in tre atti
Sono passati oltre dieci anni da quando Maurizio Cattelan inaugurava in piazza Affari, di fronte alla Borsa, la sua colossale scultura «L.O.V.E.» (per i milanesi, «il dito»), una mano tesa nel saluto romano ma con le dita mozze: tutte fuorché il medio, a gridare il suo disprezzo per il mondo della finanza. Diciassette ne sono passati da quando, in piazza XXIV Maggio, «impiccò» tre pupazzi con le fattezze di bambini a un albero secolare, suscitando l’indignazione di moltissimi.
Allora era ancora un «ragazzaccio», ora dal 15 luglio, a 60 anni, torna a Milano con la grande mostra «Breath Ghosts Blind», ordinata da Roberta Tenconi e Vicente Todolí in Pirelli HangarBicocca (fino al 20 febbraio, catalogo Marsilio, con un’intervista dei curatori all’artista e testi di Francesco Bonami e Nancy Spector): una sorta di «summa» del suo lavoro ormai trentennale, che nel frattempo è stato celebrato in istituzioni come il Guggenheim Museum di New York (e altre non meno prestigiose), e che qui accetta il confronto con «I Sette Palazzi Celesti» di Anselm Kiefer, esposti in permanenza, ma dietro a paratie cieche, in una porzione delle Navate.
In mostra sfilano, all’ingresso, una scultura di marmo bianco appoggiata al suolo («Breath»), raffigurante un uomo rannicchiato e un cane, addormentati, che condividono il loro respiro; il lavoro due volte storico «Ghosts» (quello dei piccioni tassidermizzati, con i volatili appoggiati sulle travi in alto), che già si era visto, seppure con numeri diversi e con i titoli diversi di «Tourists» e di «Others» nelle Biennali di Venezia del 1997 e del 2011, e infine, nel Cubo, «Blind», 2021, gigantesca, nerissima (e alquanto algida) scultura evocante l’11 settembre, con un parallelepipedo attraversato dalla sagoma di un aereo, che completa questa mostra-installazione in tre atti.
Intanto, nello Shed, continua la mostra di Neïl Beloufa «Digital Mourning», prorogata fino al 9 gennaio.