Giocate con Niki nel suo Giardino dei Tarocchi

Capalbio celebra la de Saint Phalle e il «paese delle meraviglie plastiche» creato in un angolo di Toscana

Niki de Saint Phalle con una sua opera
Valeria Tassinari |  | Capalbio

Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle (1930-2002) è uno di quei luoghi in cui ti stupisci di molte cose. Ti stupisci che non sia ancora tanto noto al grande pubblico (meno male), che sia così intrigante anche agli occhi dei contemporaneisti più austeri, che sia così ricco di soluzioni tecniche e decorative e che, nonostante le dimensioni decisamente monumentali, sia stato realizzato per sola iniziativa privata, grazie alla caparbia e generosa volontà della sua autrice e della famiglia Caracciolo che le ha messo a disposizione un angolo di Toscana incantata.

Ti stupisci per la contraddizione tra natura e artificio, che ha portato gli Arcani Maggiori a dominare il paesaggio con la loro pelle innaturale di mosaico ceramico e specchiante. Ma, soprattutto, ti stupisci di essere in un luogo dove la vitalità vuole vincere su tutto, a ogni costo, un’impressione che ti incalza ovunque, entrando nelle sculture abitabili di questa cittadella esoterica, fantasmagorica e un po’ pop, o respirando in silenzio gli ampi spazi profumati di macchia mediterranea dove l’insieme delle opere è incastonato.

«L’equilibrio ecologico della natura circostante è stato rigorosamente rispettato, ma il soffio potente di mistero e di fervore che emana da queste forme emblematiche, monumentali e variopinte, sgorgate lungo il pendio di un magma di alberi, erbe e alti cespugli, afferra il visitatore dalla testa ai piedi, in un brivido di sorpresa e meraviglia». Così, infatti, più di vent’anni fa descriveva la visita Pierre Restany, amico e teorico di riferimento del movimento del Nouveau Réalisme, di cui Niki de Saint Phalle è stata tra i protagonisti negli anni Sessanta; mentre, nella stessa evidenza dello stupore, alla sua prima apertura Enrico Crispolti lo ha icasticamente definito il «paese delle meraviglie plastiche».

Non poteva dunque partire che da qui la grande mostra «Il luogo dei sogni: Il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle» con cui dal 9 luglio al 3 novembre il Comune di Capalbio e la Fondazione Capalbio rendono omaggio all’artista francese che a questa grande opera totale ha dedicato decenni della sua vita e infinite risorse, con una dedizione che l’ha addirittura spinta ad abitarci dentro mentre i lavori erano in corso, proprio come Gaudí, suo ispiratore, aveva fatto nella Sagrada Familia.

A Garavicchio, Niki, protofemminista e ambientalista, dormiva nel vano rotondo ricavato in un seno della sua prosperosa Imperatrice, madre terra e Sfinge a tutela di quel genius loci: un luogo animistico ed esoterico, certo, proprio come il vicino Bosco Sacro di Bomarzo, ma più esplosivo, percorso dall’energia del colore, dell’oro, degli specchi infranti e rifrangenti, dei cuori, dei fiori, delle ali, degli scheletri e dei serpenti, o dalle ferraglie meccaniche realizzate dal suo amato Jean Tinguely. Perché in quel colore, nel caos germinante di quello splendore, lei, che aveva conosciuto abusi e sofferenza psichica, più che la sapienza voleva trovare la cura, per sé e per il mondo.

La mostra è dunque anche il racconto di una complessità interiore, che la curatrice Lucia Pesapane ha ricostruito attraverso testimonianze di amici e collaboratori, con un percorso di più di cento opere (sculture, disegni, video, fotografie tra gli anni Sessanta e Novanta), che da due sedi nel borgo antico di Capalbio, Palazzo Collacchioni e la Galleria Il Frantoio, approda al Giardino, nello stesso periodo in cui anche al MoMA PS1 di New York una grande retrospettiva («Structures for Life», fino al 6 settembre) rilancia l’attenzione su questa personalità fragile e potente, la cui eredità è oggi custodita dalla Niki Charitable Art Foundation.

© Riproduzione riservata
Calendario Mostre
Altri articoli di Valeria Tassinari