CONTINENTE ITALIA | Rebecca Moccia

Artisti italiani, virtuosi non virtuali: le tecniche, i temi e le quotazioni di mercato dei nomi più votati dell'inchiesta

Rebecca Moccia
Redazione |

«I miei lavori non si possono infatti mai circoscrivere come “oggetti”, ma piuttosto qualcosa che ti attraversa e ti circonda insieme, qualcosa che sostanzialmente non sta solo davanti a te, ma ti costringe a valutare sentire lo spazio che ti circonda, e anche il momento preciso, la stagione, la temperatura che stai vivendo: che non permette un isolamento ma incoraggia un movimento, un’attivazione, non comportandosi mai come un frame rispetto al mondo.

Per questo mi sembrano “stati”, e incidentalmente anche opere, opere-stato [...]. Ho deciso di concentrarmi sulle profondità, sui margini, sulle superfici estremità, sopra e sotto gli oggetti, e questo a volte può voler dire sottolineare uno spazio, enfatizzare le sue specificità, più che riempirlo; creare un “disturbo” o una distorsione nella visione attraverso filtri e pellicole, oppure agire occupando una sezione nascosta, che ti costringe a considerare lo spazio come qualcosa di non dominabile, almeno non con lo sguardo».

Mishima scriveva che a lui non interessava esplorare le profondità, che questa erano per i pusillanimi, bensì i limiti. Questo potrebbe essere vero per Rebecca Moccia. Un’altra parola chiave per Rebecca Moccia potrebbe essere «coraggio», la stessa che campeggiava sul tetto di un capannone industriale nella periferia di Milano. Su quel tetto l’artista scrisse quella parola usando lettere cubitali, per sprigionare energia, superare quel limite, fare una dichiarazione. Questa è Rebecca Moccia, un’artista che utilizza molti linguaggi dell’arte e ad essa limitrofi, dalla pittura, alla scultura, per arrivare all’installazione, la fotografia, il video, invadendo luoghi fisici inusuali oppure puramente virtuali.

È il caso anche del più silenzioso lavoro «Parabola», nel quale una parabola satellitare viene dipinta con della vernice per carrozzeria di colore oro abbagliante, lo stesso colore che si riflette sul paesaggio urbano quando il sole cala, al tramonto.  È una metafora riflettente e specchiante di quel mondo invisibile, della comunicazione satellitare, siderale, spaziale, che sta sopra di noi e che, spesso, riempie (o svuota) le nostre vite.

Rebecca Moccia, Napoli, 1992.
Gallerie:
• Mazzoleni (Torino, Londra)

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Una mappa dell'arte italiana nel 2021

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