L’uomo che guardava sempre avanti

La scomparsa dell’antiquario Domenico Piva

Domenico Piva con il figlio Giuseppe e il nipote Alessandro (Foto Maki Galimberti)
Marco Riccòmini |  | Milano

Il 19 dicembre 2020 è scomparso all’età di 78 anni l’antiquario milanese Domenico Piva. Segretario Generale dell’Associazione Antiquari d’Italia (Aai), poi presidente del Sindacato Provinciale Mercanti d’Arte di Milano, quindi della Federazione Italiana Mercanti d’Arte (Fima), nel 2018 aveva promosso e organizzato la prima edizione di Amart, mostra mercato dell’associazione Antiquari milanesi.

Sostiene Tomaso che un giorno ormai lontano Domenico lo prese sottobraccio per raccontargli del nonno Giuseppe, detto Beppi. Narrò di come, quando era già molto avanti negli anni, si fosse risolto a piantare nuovi ulivi nella campagna che hanno a Valnogaredo, dove i nipotini Tomaso e Giuseppe passavano lunghe estati. «Ma per via dell’età non ne avrebbe mai potuto raccogliere i frutti o gustare l’olio!», obiettò serio Tomaso, guardando il padre dal basso verso l’alto.

«Ma, il punto era un altro», gli rispose carezzandogli la testa, compiaciuto dalla sagacia del figliolo. «La morale della storia» (che alle nostre orecchie ha il suono di una favola), spiegò, «è che nella vita bisogna sempre guardare avanti, senza farsi sopraffare dalla paura delle difficoltà o dall’incertezza per il futuro. Qualunque cosa accada».

Confesso di aver udito una storia identica narratami a Londra da Tony Modestini a proposito di suo padre Mario, il grande restauratore, allora ancora in vita. Anche lui un bel giorno, in barba ai suoi ottant’anni suonati, aveva preso la decisione di piantare nuovi ulivi nella sua terra, pur sapendo bene che non li avrebbe mai visti diventare adulti.

Domenico era fatto così, saggio e pacato, quasi avesse vissuto molte più vite che quell’unica nella quale lo abbiamo conosciuto. Forse sei o, meglio, sette, proprio come un gatto, animale col quale trovavo avesse una spiccata somiglianza anche fisica. Forse per via di quello sguardo dolce e sornione, proprio del domestico felino quando si accuccia con gli occhi a mezz’asta, quasi fosse sul punto di appisolarsi, ma perfettamente capace di spiccare un balzo da un momento all’altro, se qualcosa di interessante si muovesse nel suo raggio d’azione.

Sarà stato per via del suo equilibrio, e del rigore col quale selezionava i suoi acquisti, che Domenico fu ripetutamente scelto dai suoi pari come guida, prima nei panni di segretario Generale dell’Associazione Antiquari d’Italia (Aai), poi come presidente del Sindacato Provinciale Mercanti d’Arte di Milano, quindi alla testa della Federazione Italiana Mercanti d’Arte (Fima).

Fu guardando sempre avanti che, giorni prima di lasciare una delle sue sette vite Domenico, sentendo che il tempo stava per scadere, prese sottobraccio i suoi due figli al tramonto e, con lo sguardo rivolto all’ultimo orizzonte che si stemperava oltre la siepe di Valnogaredo, espresse loro il desiderio di piantare nuovi ulivi.

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