Radici mediterranee: «Terracqueo» a Palermo

Al Palazzo Reale un viaggio tra legami profondi che millenni di scontri di civiltà non sono riusciti a cancellare

Una veduta dell'allestimento di «Terracqueo»
Giuseppe Maria Della Fina |  | Palermo

«La storia a dimensione mediterranea mi sembra la grande frontiera dell’avvenire», così scriveva Sabatino Moscati nelle considerazioni introduttive del libro Civiltà del mare. Il volume uscì postumo nel 2001, ma la considerazione resta valida e sembra aver ispirato la mostra «Terracqueo» allestita a Palermo sino al 31 maggio negli spazi del Palazzo Reale per iniziativa della Fondazione Federico II.

Il percorso espositivo, articolato in 8 sezioni, è un racconto delle vicende che hanno interessato l’area mediterranea dall’antichità sino ad oggi attraverso la presentazione di 324 reperti e di soluzioni multimediali innovative. Si viaggia nel tempo e nello spazio, alla ricerca di radici comuni che gli scontri di civiltà susseguitisi nei millenni non sono riusciti a cancellare del tutto. Radici che riaffiorano in oggetti della vita quotidiana recuperati grazie all’archeologia.

In mostra non mancano capolavori assoluti come l’Atlante Farnese realizzato nel II secolo d.C. L’opera, posta in apertura del percorso espositivo, venne scoperta intorno al 1546 a Roma. Rappresenta il gigante Atlante mentre, con grande sforzo, sorregge il globo celeste. In breve divenne una delle sculture più apprezzate del tempo per le qualità artistiche e per le conoscenze astronomiche e scientifiche del mondo antico, che documentava. Nel 1562 fu acquistata dal cardinale Alessandro Farnese per la propria collezione. Più tardi confluì nelle raccolte dei Borbone delle Due Sicilie e venne trasferita a Napoli dove ora è conservata presso il Museo Archeologico Nazionale.

La scultura attrae inevitabilmente come alcune raffinate urne etrusche di epoca ellenistica, ma il filo conduttore della mostra sono i reperti di minore impatto visivo in grado di parlare dei contatti tra le diverse aree del Mediterraneo: un esempio, per tutti, le numerose anfore da trasporto.

In chiusura si segnala un cratere, databile nella prima metà del IV secolo a.C., con la raffigurazione vivace di un venditore di pesce che sta affettando un tonno e di un acquirente pronto all’acquisto: è la vita quotidiana a essere, come sempre, protagonista.

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