L'esperienza culturale in Italia durante il Covid

Due ricerche di Intesa Sanpaolo con Ipsos

Guido Guerzoni, Fabrizio Paschina e Giulia Cogoli
Ada Masoero |

In uno scenario in cui la fruizione culturale cambia radicalmente per effetto della pandemia, Intesa Sanpaolo ha commissionato due ricerche, realizzate con Ipsos, che vengono presentate il 13 novembre nell’edizione 2020 (non a caso interamente online) di BookCity. Spiega Fabrizio Paschina, executive director Comunicazione Immagine Intesa Sanpaolo: «In momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, ascoltare le persone aiuta a capire come procedere. E le indicazioni ricevute sono molto utili e attendibili».

La prima, intitolata «I consumi culturali degli italiani ai tempi di Covid-19: vecchie e nuove abitudini», ha coinvolto un campione di mille persone tra i 18 e i 70 anni e di 200 fruitori abituali della cultura, studiando le loro reazioni all’uso del digitale. Continua Paschina: «La conferma che abbiamo avuto è che i contenuti digitali aumentano la voglia di cultura in un pubblico che non sempre riusciva, per esempio, a superare la barriera quasi “liturgica” dell’ingresso al museo. Il digitale, infatti, è più popolare: non solo non ha costi ma mette a proprio agio i neofiti. All’opposto, a chi era abituato alla presenza, il digitale toglie qualcosa ma ho sperimentato di persona che, quando si torna in presenza, la precedente esperienza digitale “amplifica” l’emozione».

Importante anche l’aspetto della fruizione intergenerazionale, facilitata dall’online: «non si creda che i giovani rifuggano da questi contenuti, avverte. Se il prodotto è fatto bene ed è coinvolgente, i ragazzi si avvicinano anche da soli. È il principio alla base anche del nostro podcast, che si propone di essere moderno e attrattivo per tutti i pubblici». Quando sarà possibile, si tornerà dunque, certamente, alla presenza ma la fruizione dal vivo e da remoto dovrà integrarsi sempre più.

Sovrapponibili i risultati della seconda ricerca, «Effettofestival 2020», condotta tra settembre e ottobre 2020 con la direzione di Giulia Cogoli, ideatrice d’importanti rassegne culturali, e Guido Guerzoni, docente della Bocconi, che ha indagato gli effetti della nuova dimensione digitale sui festival di approfondimento culturale. Il campione era composto da 87 festival italiani, nati tra il 2000 e il 2019.

«In estrema sintesi, ci spiega Guido Guerzoni, è emerso che i festival sono forse la realtà culturale italiana che più delle altre è riuscita a sopravvivere al Covid, confermando così la vitalità di un formato dato spesso per consunto. Pochi (il 17%) quelli annullati». Certo, per sopravvivere, hanno dovuto sperimentare formati ibridi, ricorrendo al digitale, il che ha comportato investimenti ma, argomenta Guerzoni, «le edizioni digitali, quasi sempre gratuite, hanno consentito a molti festival di raggiungere pubblici inimmaginabili dalla tradizionali edizioni in presenza: moltissimi i giovani, tante scuole e, sul fronte dei relatori, molte le figure nuove, spesso giovani e donne, talvolta estranee alle tipiche compagnie di giro festivaliere, che intervenivano da migliaia di chilometri senza costi di trasferta per gli organizzatori. PordenoneLegge, per esempio, che prima contava mediamente 100 mila presenze, nei primi tre giorni ha registrato 2,5 milioni di visualizzazioni singole. E quando parlava la scrittrice polacca Olga Tokarczuk, Nobel 2018, c’erano 800 persone collegate dalla Polonia».

Dunque? «Servono format concepiti espressamente per le edizioni online e ibride, uno streaming di qualità, regie e riprese valide, ottima connettività, ma indietro non si torna. Pur auspicando il ritorno in presenza, il 58% dei festival sceglierà l’ibrido anche in futuro, anche perché i pubblici non si cannibalizzerebbero. L’online è stato dettato da ragioni emergenziali ma ha dato effetti positivi».

© Riproduzione riservata L'allestimento della mostra su Tiepolo alle Gallerie d'Italia
Altri articoli di Ada Masoero