Moda batte arte (se n’è accorto anche Pinault)

Vi sono grandi somiglianze nei modelli economici del mercato dei due settori: ma il secondo è più rischioso del primo

Lo studio di Jacques Doucet nel 1930 a Neuilly arredato con pezzi Déco e dipinti del Doganiere Rousseau, di Picasso e di Braque
Bruno Muheim |

Il mondo dell’arte e quello della moda talvolta si sono avvicinati con risultati assai contrastati. Dicono che Michelangelo abbia disegnato le divise delle guardie svizzere, Petitot disegnava costumi per il teatro, Picasso e la Goncarova crearono costumi per i Ballets Russes, Matisse dei paramenti sacri, più recentemente Raf Simons ha integrato nelle sue collezioni opere di Sterling Ruby. Tuttavia, sono casi assai ridotti, ma certo alcuni sarti furono incredibili collezionisti d’arte. Lo straordinario Jacques Doucet riunì la più importante collezione del XX secolo con eccezionali opere del Doganiere Rousseau, Modigliani, Brancusi e altri. Yves Saint Laurent, Miuccia Prada, Gimmo Etro sono stati o sono ancora tra i più importanti collezionisti al mondo.

Le persone facoltose che comprano opere d’arte all’asta spesso acquistano importanti vestiti griffati, anche se è difficile individuare grandi collezioniste che furono fashion addict. Ci sarebbe da considerare anche un certo snobismo di molti collezionisti che non vogliono apparire troppo eleganti, ma una Mona Bismarck, che fu la più grande cliente di Balenciaga e acquistava sontuosi pezzi d’arte, rimane un’eccezione. Alcuni marchi come Prada, Jil Sander, sarti giapponesi o belgi si sono specializzati in una moda destinata ad amatori d’arte soprattutto contemporanea, offrendo vestiti minimali, strutturati, che sono anche un manifesto intellettuale.

Questo detto, dobbiamo però notare attualmente grandi somiglianze nei modelli economici del mercato dell’arte e della moda. Già le attività della moda e delle aste sono basate sulle stesse tempistiche: entrambe devono essere pronte entro una data e un orario precisi. E l’esito commerciale dipende per entrambe da questo evento, che in tutti e due i casi ha lo stesso tempo di maturazione, da due a quattro mesi per preparare un catalogo o una sfilata. Le grandi aste importanti si tengono in primavera e in autunno come le sfilate, sono cadenzate a intervalli fissi e anticipate da una serie di aste minori, come nel mondo della moda la sfilata è preceduta da una serie di mini collezioni «main», «cruise» e «flash».

Negli ultimi 20 anni le strutture di questi due mondi hanno subito gli stessi cambiamenti. Il rinnovamento è iniziato prima nel mondo dell’arte, indicativamente nel 1983, quando Alfred Taubman comprò Sotheby’s. Prima di allora, una casa d’aste funzionava un po’ come un’associazione di esperti che gestivano anche l’aspetto commerciale dell’attività. Questo modello ha funzionato anche molto bene per anni, ma con due problemi seri: dopo la scomparsa di Peter Wilson Sotheby’s si era trasformata in un insieme di feudi senza una vera leadership e aveva difficoltà a misurarsi con il boom economico del mercato dell’arte.

Nel 1983 il potere, dunque, da Sotheby’s passa al management e gli esperti perdono lentamente tutta la loro influenza al punto che ora siamo alla situazione inversa, cioè quella in cui l’esperto non ha neanche il diritto di trattare direttamente la vendita di un’opera. Christie’s ha provato a tenere la linea gentleman-esperto per un po’ di tempo, almeno fino all’acquisto della casa d’aste da parte di François Pinault nel 1998. Il mondo della moda ha subito esattamente lo stesso ciclo: lo stilista nella maggiore parte delle maison ha la leadership di tutte le attività, una collezione viene creata con una certa estetica, poi sarà compito del commerciale provare a venderla.

Quando nel 1985 Bernard Arnault diventò presidente di Christian Dior concentrò nelle sue mani tutti i poteri. Ferré e Galliano sono rimasti grandi direttori dello stile, ma non hanno avuto nessun altro potere, tanto da poter essere licenziati in un batter d’occhio. Quando Tom Ford assunse la direzione di Gucci con Domenico De Sole, era certamente il responsabile dello stile ma la sua attività includeva anche il controllo di tutte le attività di marketing, individuandone le esigenze per poi concepire una moda appetibile.

Il business viene prima della creazione. Potremmo proseguire per intere pagine nel confronto delle attività di questi due settori e notare sinergie comuni, come l’utilizzo delle vendite online, l’uso di celebrità, il mix di attività mondane e professionali. Niente somiglia di più a una sfilata di un’asta con ricevimenti, mostre private, presenza della stampa. In tante città una volta c’era una zona in cui si concentravano antiquari e un’altra vicina per i grandi marchi di moda. A Parigi, invece, il «carré Rive Gauche», già roccaforte degli antiquari, si sta lasciando invadere dai grandi marchi.

Quando Dries van Noten ha preso il posto di un famoso libraio antiquario è stato uno choc ma è anche la prova che esistono le stesse sinergie commerciali tra i due settori. A differenza dell’arte, però, una borsa Hermès può essere venduta a un prezzo più caro all’asta che in negozio; era uno sport di alcune donne facoltose comprare borse in coccodrillo, talvolta anche con sei mesi di attesa, e rivenderle all’asta subito dopo con un forte guadagno. Come abbiamo già detto, nel match aste-arte vincerà sempre la moda.

Tutto il modello economico della moda di lusso si basa sul fatto di rivendere a un prezzo spesso dieci volte superiore al suo costo, un bene che sarà scaduto alla prossima collezione... La casa d’aste, invece, prenderà una commissione che è una frazione del prezzo aggiudicato di un bene con una durata di vita nettamente superiore... Per questa ragione Pinault, proprietario anche di Gucci, sta cercando di vendere Christie’s da anni.

E nessuno ha ancora capito perché Drahi ha comprato Sotheby’s.

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