Anticorpi al Palais de Tokyo

A Parigi una riflessione molteplice sulla vulnerabilità del nostro «involucro corporeo»

«Ghost sitter (blue chair)», di Tala Madani. Cortesia dell’artista e di Pilar Corrias, Londra. Foto Flying Studio, Los Angeles
Luana De Micco |  | PARIGI

La mostra «Anticorpi» del Palais de Tokyo (dal 23 ottobre al 3 gennaio) è «una reazione quasi epidermica alla crisi sanitaria» del Covid-19, spiega il museo parigino, che allestisce i lavori di 20 artisti internazionali, alcuni inediti ispirati all’isolamento. Ma la crisi sanitaria non è il tema della mostra né delle opere, sottolinea la squadra di curatori del Palais de Tokyo. «Anticorpi» è una riflessione molteplice sulla vulnerabilità del nostro «involucro corporeo», sulle frontiere della pelle, sul senso del tatto, sulla porosità tra sfera pubblica e privata. Ma anche sull’emergere di nuove barriere, minacce, sospetti, disuguaglianze sociali.

Come ripensare il modo di abitare il mondo? Perché i nostri corpi dovrebbero fermarsi alle frontiere della pelle? Il percorso, diviso in «zone», ospita lavori di Len Lye, Emily Jones, Koki Tanaka, Achraf Touloub, Lola González e altri. Carolyn Lazard propone una riflessione sul dolore e la malattia. Tala Madani una serie di opere abitate da corpi fantomatici e senza volto. Koki Tanaka il film «ABSTRACTED/FAMILY» (2020) sulla definizione di famiglia.

Pauline Curnier Jardin la serie di sculture «Peaux de dame» iniziata nel 2018 e ancora in corso, che mette in scena figure femminili sfuggenti. Nile Koetting propone una nuova versione del progetto «Remain Calm», sviluppato per il Centre Pompidou di Shanghai e dedicato ai riti sociali. Kate Cooper presenta infine il film «Infection Drivers» (2018), che mostra il corpo di una donna prigioniero in una tuta trasparente di plastica.

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