Impresa e Cultura non sono un ossimoro. La Cultura, al di là della facile retorica dei convegni, può essere un reale investimento, win win.
Molti già lo capiscono e non solo per «restituire» una parte di profitto alla comunità. Dopo la drastica spending review per «galleggiare» nella tempesta di una crisi che non è ancora alle porte, si assiste ad un nuovo ritorno degli investitori: meno denari, ma allocati con strategie e modalità più proattive, più progettualità all’insegna del filtro della Corporate social responsability, per la creazione di una cultura d’impresa che guarda alle relazioni con i propri stakeholders, in primis i Dipendenti, i Clienti, le Comunità.
Molte imprese stanno ripensando headquarter, centri studi, spazi di produzione, affidando il restyling della propria immagine, ma soprattutto del modo di lavorare ad architetti d’avanguardia e ad artisti.
Occorrono nuove rappresentazioni, nuove narrazioni, per rafforzare brand che debbono pensare a mercati globali.
Anche il brand Paese, il «Made in Italy» non è un giacimento dal quale attingere all’infinito.