Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliSuonatrice di pianoforte, con alcuni concerti all’attivo, Florence Henri (1893-1982) si accostò all’arte figurativa dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, quando abbandonò definitivamente la carriera di musicista.
A dedicare a questa poliedrica artista la più importante retrospettiva italiana è il Museo Ettore Fico dal 10 marzo al 26 giugno, con un centinaio di opere degli anni 1920-60. Dipinti, fotografie, collage, fotomontaggi e documenti selezionati da Giovanni Battista Martini, ricostruiscono il percorso della fotografa e pittrice che ha attraversato alcune delle più importanti avanguardie del secolo scorso senza ancorarsi a nessuna di esse.
Nata a New York visse a Parigi dall’età di due anni, con varie incursioni in Germania dove frequentò il Bauhaus, lo studio di Archipenko e conobbe Moholy-Nagy, Feininger e Kandinskij, tra gli altri. Nei suoi scatti in bianco e nero, uomini e donne sono immersi in labirintiche composizioni spaziali generate da specchi ed elementi geometrici che evocano dimensioni oniriche e inconsce. Altrove, come in «Pont», rigide volumetrie architettoniche, scandite dal contrasto tra luce e ombra, si addolciscono nel riflesso di un corso d’acqua inabissandosi in un mondo seducente e misterioso.
Oltre ad aver formato una nuova generazione di fotografi come Gisele Freund e Lisette Model, ha dato prova di sé anche come pittrice, realizzando opere dal sapore avanguardistico caratterizzate da rapidi tocchi di colore ed equilibrate strutturazioni geometriche. A trasfigurare la natura in enigmatiche astrazioni fu anche Ettore Fico (1917-2004) di cui il Museo (nelle stesse date) ospita una retrospettiva curata da Andrea Busto e focalizzata sulle rappresentazioni di boschi, vigneti, colline e giardini: si parte dallo stile impressionista degli anni Quaranta e si giunge sino alle sperimentazioni astratte e informali della maturità.
E sempre dal 10 marzo al 26 giugno si possono inoltre ammirare le contemporanee astrazioni dei Truly Design, il collettivo di street artist torinesi che in alcune sale espositive, con la tecnica dell’anamorfosi, ha dato corpo a caleidoscopiche geometrie urbane e a creature leggendarie.
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