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Dan Duray
Leggi i suoi articoliDal 2 luglio al 30 novembre a Fort Tilden, avamposto militare in disuso nel Queens, il MoMA PS1 presenta «Rockaway», una nuova opera dell’artista tedesca Katharina Grosse (1961), nota per i suoi imponenti interventi cromatici ambientali, che ha deciso di coprire un edificio abbandonato sulla spiaggia con metodici spruzzi di vernice fluorescente rossa, arancione e rosa. Ne abbiamo parlato con l’artista.
Questo lavoro sembra fatto da qualcuno sospeso nel cielo. C’è una narrativa in tutto ciò? È il suo occhio o è una prospettiva più oggettiva?
Ha a che fare con una sorta di scala assurda, si può scegliere se è l’occhio di un’altra persona, chiunque essa sia. Ma non è oggettivo. Penso sia un quadro multidimensionale e appare diverso a seconda delle angolazioni. Penso che sia molto importante aumentare le sue dimensioni per avere un rapporto totalmente diverso con il quadro, con il proprio corpo e con la casa. La mia opera è sempre molto ingombrante, anche se è di un bel colore o è un’onda. Inscrivere un grande dipinto su una grande struttura talora è sconvolgente. Naturalmente è proprio quello che voglio fare; voglio essere visibile come pittrice e sto cercando di scoprire le potenzialità di un quadro. Per questo uso forme, dimensioni, situazioni, strutture o superfici diverse, per comprendere meglio il quadro.
Ha pensato al pubblico dell’opera?
Trovo interessante il fatto che si debba andare apposta a vederla. È qualcosa che mi ha molto intrigata in opere come «The Lightning Field» di Walter De Maria (la celebre installazione permanente nel deserto del Nuovo Messico, Ndr). Vedere la mia opera è un’esperienza molto fisica, meglio che vedere una foto. È un gran bel posto e tra un po’ la casa sarà abbattuta. Si tratta di un breve momento nelle nostre vite. Non è replicabile.
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