Il sorriso nell’imbuto

Una retrospettiva da Robilant+Voena per il Catalogo generale di Tino Stefanoni

Tino Stefanoni con alcune sue opere
Franco Fanelli |  | Milano

L’ironia, da sempre, è il coefficiente che nella storia dell’arte connota quegli autori che hanno saputo agilmente costeggiare i linguaggi espressivi della loro epoca, senza adesioni incondizionate. Ne era portatore Tino Stefanoni (1937-2017). Nella sua vicenda ha sicuramente guardato, con un certo distacco, agli oggetti comuni eletti a icone dalla Pop art ma anche alla tautologia come strategia praticata in ambito concettuale.

Produsse così, nella forma e nei perimetri regolamentari dei segnali stradali, silhouette che nella loro estrema sintesi rimandano a situazioni stranianti: dossi spianati, ad esempio, pedoni intenti alla lettura, curve sdrucciolevoli ornate di elementi paesaggistici. Nelle «Piastre guida per la ricerca delle cose» traccia meticolosi profili di altri oggetti, imbuti, cappelli, camicie, borse termiche, in un contesto in cui la «descrizione segnaletica» degli accessori del
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